Il pentimento di Grande Aracri potrebbe essere un terremoto.

 La notizia è di quelle destinate a riscrivere se non la Storia, almeno la cronaca della ‘Ndrangheta e in particolare della ‘Ndrangheta a Reggio Emilia. Il boss Nicolino Grande Aracri ha cominciato a collaborare con la giustizia, dal carcere di Opera dove sconta gli ergastoli per numerosi omicidi. Il carcere duro, ora parzialmente messo in discussione dalla sentenza della Consulta, piega evidentemente anche gli uomini duri. Ora non resta che attendere le sue dichiarazioni e verificarne la fondatezza, certamente un boss del suo calibro conosce moltissime cose, dipende dove vorrà spingersi con le sue dichiarazioni. Se confermerà allargandoli i fatti già accertati nell’indagine Aemilia e nel successivo processo, che ha portato a numerosissime condanne o se invece parlerà anche di quell’area grigia fatta di politici, dirigenti pubblici e professionisti che gli hanno garantito appoggio in cambio di voti e soprattutto di denaro. E’ questa la parte mancante dell’indagine Aemilia, come per molte altre inchieste sulla ‘Ndrangheta, senza chiarire la quale non si comprende come un giovane “contadino” quale si proclamava, sia diventato un boss di livello internazionale; ricordiamoci che Buscetta si fermò di fronte al “terzo livello”. La notizia ha acceso le speranze di coloro che da tempo pensano che, in particolare a Reggio Emilia, sia impensabile che la cosca abbia avuto appalti, permessi edilizi e commerciali senza complicità con chi queste concessioni controllava e da tempo sperano si sollevi il velo su questa rete di complicità. Per controverso la stessa notizia fa tremare oltre a capi bastone e picciotti, la cui responsabilità potrebbero venire alla luce o aggravarsi, anche la sconosciuta area di collaboratori della ‘Ndrangheta nelle professioni e nelle amministrazioni, sparsa dalla costa Ionica, all’Emilia, dalla Lombardia al Veneto, la zona dei “cristiani buoni” come li definiva il boss. Se il processo Aemilia è stato uno dei più importanti d’Italia, lo si deve allo spessore criminale di quest’uomo che comandava un esercito di almeno 500 uomini dalla sua casa di Cutro e che ha portato la sua cosca ai vertici di quelle calabresi. Se la sua collaborazione sarà vera e completa, assisteremo ad un terremoto, si tratta infatti di un numero uno e soprattutto del primo numero uno della ‘ndrangheta, la mafia più potente e meno permeabile alle infiltrazioni d’Italia. Una mafia intrecciata, almeno in Calabria, con la politica, a cui è sovente sovra-ordinata, controllando direttamente candidati, voti e preferenze, con apparati dello Stato e con le varie logge massoniche, che in quella regione sono particolarmente numerose e funzionali al ruolo di stanza di compensazione. Nella sua decisione, oltre al carcere duro è probabile abbia pesato anche lo sfaldamento della sua cosca, che nel processo Aemilia ha registrato numerosi pentimenti, da quello del suo braccio destro, fino al marito della nipote. Una cosa si può dire con certezza, che dopo Cutro, Reggio era l’altra capitale dell’impero criminale. Se si aprirà il vaso di Pandora, la nostra Città ne sarà investita in pieno e poiché le dichiarazioni saranno raccolte dal procuratore Gratteri, non ci sarà neppure il sospetto che sta sotterraneamente ma non troppo, avvelenando l’atmosfera politica cittadina: quello di una magistratura “benevola” col Pd, fatto che le chat di Palamara e l’allontanamento del procuratore Mescolini hanno reso evidente. Ora non resta che attendere, senza alimentare la cultura del sospetto, senza fare processi mediatici, come ha fatto in passato la sinistra. Il Pd governa da sempre questa Città ed è difficile credere che non abbia almeno responsabilità politiche, per tutto ciò che è successo in questi anni, ma resta un partito importante, composto da moltissimi uomini e donne per bene, che si sono sacrificati per renderlo sempre più forte. Anche per loro il pentimento di Grande Aracri è una buona notizia, come lo è per tutti. Questa Città ha bisogno di cambiare e non c’è vero cambiamento senza trasparenza, senza sapere quali e di chi sono, le eventuali responsabilità, sia penali che politiche, nella crescita della ‘Ndrangheta. Senza chiarezza i veleni del sospetto finirebbero con l’intossicare tutta la vita cittadina e saremmo sempre nella stagione dei gattopardi. Ora, appunto, non resta che attendere, per sapere se si tratta dell’alba di un nuovo giorno o delle ultime ore della notte.

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