Il PD a congresso, la polizza vita del governo Meloni

Perso aveva perso altre volte, ma almeno era rimasta un ‘idea, un’ opinione forte: si resta al governo con chiunque sempre, pure con gli autori di dolorose scissioni, come quella di Renzi. Invece questa volta il partito erede di due grandi tradizioni, quella comunista e quella della sinistra democristiana, sembra un vascello in balia delle onde della politica e non si tratta di uragani, ma di Conte e Calenda, che nel suo mare gli fanno una guerra corsara. Con un Partito Democratico messo così, Giorgia Meloni può dormire tra due guanciali anche se non facesse niente e a dispetto del solito Salvini, che continua a recitare la parte di Otello anche se sulla scena si recita Goldoni. Non ci addentreremo nel dibattito su chi rappresenti il PD, certamente è un partito borghese, come accade in molte altre democrazie il popolo va ormai dalla parte opposta. Il che non è un problema, anche la borghesia è popolo e spesso è il pilastro migliore delle democrazie.  E’ invece un problema che un simile partito si avviti di fronte ad un congresso.

Al Nazareno vogliono fare presto e fare bene, ma le due cose non riescono ad andare insieme, se fanno presto non aprono le porte e questo richiede tempo e farebbe entrare Elly Schlein. Per non incartarsi oltre, il don Abbondio-Letta dice che le primarie si faranno prima del previsto, il 19 febbraio. Alla Schlein, i riformisti rimasti dopo la scissione di Renzi pensano di contrapporre Bonaccini, in una sfida tutta emiliana, non tra uomini diversi con idee diverse, ma conciliabili. Questa non è una sfida tra convergenze parallele, ma divergenti. Bonaccini è il classico post comunista, erede del riformismo, o meglio del pragmatismo emiliano, la Schlein è il vero papa straniero cercato in tutti questi anni. Estranea alla storia del PD di nome e di fatto, non è neppure iscritta, racchiude in sé tutte le culture minoritarie. E’nata in Svizzera da buona famiglia, è cittadina americana, omosessuale. Ora è ovvio che le culture minoritarie hanno la stessa dignità di tutte le altre, ma un partito radicale raramente è di massa e comunque è diverso dalla storia del Pd. Detto questo, tutti tranquilli, il problema non è l’identità del partito, ma vincere il congresso, vale a dire salvare la propria corrente e il proprio ruolo personale dal disastro politico della gestione Zingaretti-Letta di questi anni, insomma, come dice Claudio Velardi: “salvare il culo”.

I cacicchi che hanno occupato i gruppi parlamentari, fanno e disfano, guidano le correnti che non si scioglieranno mai finché ci sarà un po’ di potere da conquistare, non si occupano di elaborazione politica ma di gestione del brand Pd, che comunque vale ancora quasi il 20% e garantisce migliaia di posti nelle assemblee elettive, nei governi e sottogoverni a vari livelli. E se arriva una tipo Elly Schlein ci saltano sopra – vedi Dario Franceschini – per non subirla, anche se pochi la amano davvero, magari con la segreta speranza di pilotarla. Del resto mano ancor meno Bonaccini,  che è allergico a velleità ideologiche da salotto, ma ha l’idea di comandare,  cosa che i vari Franceschini, Bettini ed Orlando vedono come il Fumo negli occhi.

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