Il Presidente del Consiglio italiano Mario Monti ha iniziato la sua campagna elettorale criticando i due principali schieramenti in campo, ovvero Pdl e Pd, rimproverando al primo una visione opaca sulle liberalizzazioni ed al secondo l’appannamento della riforma del lavoro.
I provvedimenti del governo Monti erano partiti in un modo, e arrivati alla fine in un altro, modificati dai veri azionisti e padroni del governo Monti, ovvero Pdl e Pd.
Solo un fazioso può non riconoscere lo spirito innovativo delle riforme di Monti, successivamente annacquate dall’intervento dei soliti noti.
Per capirci, citiamo la recente proposta del Presidente uscente dell’Eurogruppo, Jean Claude Junker, di un salario minimo europeo, alla quale ha risposto proprio ieri la leader della Cgil Susanna Camusso: “E’ un’ipotesi che noi non condividiamo”.
Possono i partiti diretti referenti di sindacati, ma anche di corporazioni antiche e potentissime, riformare lo stato attuale delle cose?
No, e lo abbiamo visto con la mancata riforma del lavoro e le mancate liberalizzazioni. Tuttavia siamo vicini alla seconda svolta della politica italiana.Scriviamo seconda perchè crediamo che la prima sia effettivamente avvenuta negli anni ’90, non certo per l’avvento di Forza Italia che ha solo sostituito pari pari la Dc, ma per l’esplodere della Lega Nord che ha avuto l’effetto dirompente di spostare l’asse della politica italiana al Nord. Da allora c’è stato un avvicinamento a nuove logiche anche se non c’è stato un vero cambio di passo della politica.
L’emergere di nuovi partiti ha fatto evolvere la politica, un nuovo movimento è germogliato e sta ora per sbocciare, il 5 stelle di Beppe Grillo. Comunque vada la campagna elettorale, diverse decine dei futuri parlamentari saranno ragazzi e ragazze alla prima esperienza politica, senza vincoli di mandato se non il buon senso di chi vuol fare bene un nuovo lavoro. Lo stesso limite dei due mandati, imposto all’agenda dei partiti dal programma elettorale di Grillo, è visto sempre più dall’opinione pubblica come necessario e caratterizzante della scelta politica.
Più al nord che al sud, vista la diversità del voto; più libero il primo e più clientelare il secondo anche per la predominanza cronica del pubblico nel meridione d’Italia. Non ci vengano a dire che al sud si è mosso qualcosa dopo le recenti elezioni siciliane, dove i votanti sono stati solo un 45% degli elettori potenziali e sia Crocetta che i grillini hanno preso solo una parte residuale dei voti rapportati agli elettori.
Parlando di sinistra, visto che dall’altra parte pare tutto nelle mani del Leader/Presidente, una vittoria di Renzi avrebbe liberato energie nuove, ma il rottamatore non è uomo d’apparato. Tuttavia Bersani ha infarcito le sue liste di esterni della società civile e la sua nomina, oramai attesa da tutti a capo del governo potrebbe portare Renzi alla segreteria del partito.
Riuscirà Monti, con l’ausilio degli eletti della sua società civile e dei ‘novizi’ a 5 stelle, aggregare i riformisti del Pd per cambiare questo nostro disastrato paese in mano alle lobby e alle corporazioni?
Più facile che occorrano anche i voti di Berlusconi, da qui la dichiarazione del Professore sula necessità del dialogo con tutti.
Insomma, se anche Bersani sarà nominato premier, Monti potrebbe avere in parlamento voti e appoggi per riformare trasversalmente il Paese. A meno che, il precipitare della crisi, lo proietti subito alla guida diretta del Paese.
Devi accedere per postare un commento.