Il dipietrismo, anticamera del dispotismo

277-0-7740 di-pietro-duceQuello che più inquieta in Antonio Di Pietro è la sua visione e la sua pratica della politica. La sua concezione della magistratura come “super potere”, da contrapporre al Parlamento, in quanto corpo corrotto ed impuro, è antitetico ad ogni modello politico democratico fondato sull’equilibrio dei poteri istituzionali, almeno da Montesquieu in avanti.Il suo disprezzo per i partiti, tutti tranne il suo, e per gli istituti della democrazia rappresentativa, fanno tornare alla mente quella formazione di estrema destra degli anni cinquanta, denominata Fronte dell’Uomo qualunque, che aveva fatto del “qualunquismo” la sua bandiera.

I suoi continui appelli agli scontri di piazza e alla violenza in sfregio ai risultati elettorali che esprimono la volontà popolare preoccupano.

Intervenendo ad una manifestazione della scuola e del pubblico impiego della Cgil, svoltasi a Roma Di Pietro avrebbe, secondo quanto riportato dalla stampa, affermato: “Se il governo continua ad essere sordo ai bisogni dei cittadini, si andrà allo scontro di piazza e lì ci scapperà l’azione violenta, se il governo non si assume la responsabilità di rispondere ai bisogni del Paese”.

Quella marcata intolleranza verso le idee diverse dalle sue, quella forte propensione a considerare gli altri politici non come avversari, ma come nemici, fanno di Di Pietro un personaggio politico dalla forte inclinazione dispotica.

Gli autentici democratici dovrebbero seriamente preoccuparsi di questa situazione, anziché cercare di cavalcare la tigre rappresentata da questo “novello Saint-Just”.

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