Il collasso della Manodori

monodorireggioContinua nel silenzio generale il collasso del patrimonio della Fondazione bancaria Pietro Manodori, azionista di Unicredit.

Un silenzio inspiegabile, fatta eccezione per il sindaco di Reggio Emilia, che ha condiviso tutte le scelte di investimento e diversificazione, che si riducono poi ad una sola, aver sottoscritto seppur parzialmente i due aumenti di capitale Unicredit ed aver acquistato 2,5 milioni di azioni Banco Popolare.

Per questa diversificazione il sindaco aveva applaudito pubblicamente ed il risultato è che dopo un solo anno l’investimento è stato svalutato per 500.000 euro e vale meno di un terzo, rispetto al prezzo di sottoscrizione. Per quanto riguarda Unicredit la perdita sul valore di carico è ormai del 50%. In passato si fecero molte polemiche sul fatto che la Fondazione perdeva potenziali guadagni, mentre oggi si tace mentre subisce perdite reali.

Certo il presidente Borghi ha ereditato forti minusvalenze dalla gestione Spaggiari, su Unicredit, Iren ed Enel, ma anziché diversificare il rischio, stabilizzando nel contempo le cedole, ha proseguito nel mettere tutto nel cesto della banca, col risultato che non solo il titolo ha perso, ma pure i dividendi si sono prosciugati.

Oggi le azioni Unicredit hanno un valore di carico di 4,688 euro, pari a 162 milioni ed un valore di mercato di circa 90. Per non parlare dei 10 mln di euro investiti in Iren e svalutati per 5,7 mln, qui il silenzio del sindaco è più comprensibile, visto le ingenti perdite di valore che coinvolgono il Comune di Reggio Emilia. Certo non occorrevano grandi indovini per capire che le banche erano destinate a continue perdite di valore, che proseguiranno anche in futuro, per cui il patrimonio della Fondazione verrà quasi azzerato. Del resto dubitiamo che gli amministratori dell’Ente abbiano investito i loro patrimoni personali al 90% in titoli azionari e al 75% in titoli bancari, cosa accaduta in Manodori.

Di fronte ad un simile andamento ci si poteva attendere che i membri degli organi amministrativi e di controllo, aderissero alla proposta dei presidenti di Intesa Bazoli e Beltratti di ridursi i compensi, la stessa cosa dovrebbe valere per Iren. Invece non solo non è accaduto, se lo sono aumentati in silenzio. E’ proprio il caso di dire che il silenzio è d’oro.

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