Che i partiti non abbiano sentito il dovere morale, oltre che politico, di proporre con urgenza un cambiamento della legge sui rimborsi elettorali, che rappresentano, di fatto, una forma di finanziamento pubblico dei partiti, nonostante gli episodi inquietanti che hanno coinvolto la Lega Norde la Margherita, è un fatto di una gravità eccezionale.
Questo atteggiamento, improntato alla logica del far finta di niente, nell’erronea convinzione che il popolo, prima o poi, dimentichi, appare francamente indecoroso. In realtà il popolo italiano è evoluto civilmente e non dimentica, come dimostra l’elevato numero di astensioni che si è registrato in occasione delle elezioni amministrative dei giorni scorsi. Quello che appare particolarmente odioso nell’attuale legge che i partiti hanno fatto approvare in Parlamento a propria misura e per soddisfare totalmente le proprie esigenze amministrative, è la norma che sancisce l’automatismo del contributo elettorale, anziché il criterio della discrezionalità affidata all’elettore.
Il contributo elettorale, stante l’attuale legge, viene assegnato in base al numero degli elettori ed è particolarmente elevato: cinque euro per ciascun elettore. Non si capisce dunque in base a quale logica il cittadino, nel momento in cui vota, esercitando così un suo diritto fondamentale, dovrebbe contribuire, volente o nolente, anche al finanziamento dei partiti. Questa normativa appare dunque una forzatura logica, oltre che giuridica. Proseguendo sulla strada dell’assurdo, si registra che i contributi elettorali vengono assegnati anche a quelle liste che non riescono ad eleggere propri rappresentanti in Parlamento, a condizione che abbiano raggiunto l’obiettivo dell’1 per cento dei voti espressi dal corpo elettorale.
Non solo: i partiti presenti nelle liste elettorali continuano a ricevere, per tutta la durata della legislatura, i finanziamenti pubblici, a prescindere dal fatto che durante la legislatura stessa i partiti siano stati sciolti o abbiano dato origine a nuove formazioni politiche.
L’indecenze dell’indecenza è però rappresentata dal fatto che i partiti, nonostante ricevano, per legge, finanziamenti pubblici, non siano tenuti a giustificare l’uso dei finanziamenti stessi, ne’ a tenere un bilancio certificato e sottoposto al controllo della Corte dei Conti. In questo modo la discrezionalità dei partiti sull’uso dei finanziamenti pubblici è assoluta. Come è stato infatti accertato, solo una piccola parte del finanziamento pubblico è stata destinata a sostenere le campagne elettorali dei candidati, mentre il resto è servito a pagare gli stipendi di migliaia di funzionari di partito o si è perso in mille e misteriosi rivoli, sui quali sta indagando la magistratura ordinaria.
Se il Parlamento non approverà, al più presto, una nuova legge in materia di finanziamento dei partiti, aprendo al criterio dell’esclusiva volontarietà dei contributi e della trasparenza nella gestione degli stessi, a rischio non sarà solo la perdita di ogni credibilità dei partiti, ma anche la stabilità ed il futuro della nostra democrazia.
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