Dispiace sempre veder cadere un mito, soprattutto se ha accompagnato la nostra giovinezza. Ci riferiamo ovviamente all’ imminente pubblicazione delle conversazioni tra Jacqueline Kennedy ed Arthur Schlesinger (bardo di quell’epopea), ad opera della figlia Caroline; al libro seguirà una serie televisiva, in perfetto stile americano. Non che le rivelazioni fossero sconosciute, sapevamo molto degli amori della coppia da sogno e pure dei sospetti sui petrolieri texani, come ispiratori dell’assassinio di Dallas. E’ però molto diverso sentirsi dire dalla voce di Jackie che John era una sorta di puttaniere, in senso lato: attrici, stagiste,segretarie, cameriere, ed in senso stretto, donnine allegre, come Judith Campbell, fornite dal boss mafioso Sam Giancana, probabilmente il suggeritore della Baia dei Porci, per lo sbarco a Cuba. Un nome, un destino. L’uomo della nuova frontiera, ridotto a livello di un Hugh Hefner, fondatore di Playboy. Non che l’elegante Jackie, che ricordava la Hepburn, o la prima Julia Roberts, ne esca bene, chiusa in una cabina a Ravello con Gianni Agnelli, o in una suite d’albergo con William Holden. Ora sappiamo che lo faceva per ripicca, certo il Presidente l’aveva ferita, ma evidentemente non mortalmente, per tacere delle chiacchiere su di un suo presunto legame col cognato Robert. I panni sporchi si lavavano in famiglia ed anche sull’aia. Dispiace ancor di più che a sollevare il velo, dopo mezzo secolo sia la figlia, una sorta di suora laica, più veltroniana che bostoniana. Che bisogno c’era di pubblicare uno sfogo che cancella definitivamente il sogno che quella presidenza aveva incarnato, più degli atti di governo, non tutti entusiasmanti, a cominciare dall’avventura vietnamita, nella quale rimase poi impantanato il “cattivo” Johnson e da cui uscì il cattivissimo Nixon? Queste memorie non abbattono solo la statua del Presidente, ma anche l’immagine della first lady, divenuta tra un amore e l’altro, la signora Onassis, certe ferite evidentemente si curavano meglio a bordo dello yacht Christina. E’ compito dei vivi seppellire i morti, ma non di ridicolo.
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