Certo questa storia del governo non è facile, passata la retorica della vittoria elettorale, del primo partito italiano, degli undici milioni di voti, la realtà è complessa e la vittoria mutilata. Da solo Giggino non va da nessuna parte e partire dal programma, come fanno I tedeschi è pure buonsenso, solo che I tedeschi non partono dal programma, prima definiscono con chi si sposano, poi stendono il contratto matrimoniale: la Merkel è partita da verdi e liberali per approdare ai socialdemocratici. Di Maio ha invece inviato in contemporanea un invito a nozze a Pd e Lega, però senza le suocere, cioè Berlusconi e Renzi, niente di male, solo che Salvini non può vincere le politiche senza Forza Italia, fosse anche al 10% e Berlusconi è Forza Italia. Mentre il Pd di oggi è Renziano, se non altro perchè chi non lo era se n’è andato in Leu o nei Cinque Stelle. Per cui se vuole un governo, Di Maio dovrà scegliere o l’uno o l’altro e si dovrà pure tenere una suocera. Rimane il problema che un governo col Pd ha al Senato pochi voti di maggioranza e i quattro senatori di Leu non cambiano di molto la situazione e pure con la Lega il margine è stretto. A meno di non ricorrere ai traditori, con eufemismo detti responsabili, ma fatto dai fautori dell’abolizione del vincolo di mandato, mi parrebbe una porcata, pure con lo streaming. Resta l’opzione di un governo con il centrodestra, con il caimano travestito da Bernini, ma pur sempre lui, come è accaduto per le presidenze delle Camere, o delle commissioni transitorie, con l’elezione di Fico, della Casellati e di Crimi. L’apertura al Pd suona quindi come un modo per giustificare la scelta del centro-destra, visto che diranno di no. Certo dovendo far inghiottire alla base, non un rospo, ma un caimano, occorre non cedere sul nome di Di Maio premier e su questo il nostro ha ragione, perchè nel modello tedesco è il primo partito che esprime il premier, poi perchè se i 5 Stelle si fanno carico dei problemi di unità del centrodestra, anche il centrodestra deve farsi carico dei problemi dei grillini, senza Di Maio come garante andrebbero in frantumi. In questo gioco di veti veri, finti, in queste giocate al buio, resta sempre aperta la porta delle elezioni anticipate, utili alla Lega per aumentare la presa sul centro-destra, meno per i grillini che, se anche arrivassero al 37%, si troverebbero punto e a capo e con un Di Maio ancor meno spendibile, due mezze vittorie fanno una sconfitta, Pirro insegna. Un ultima cosa va notata, in una democrazia parlamentare: sono i deputati che esercitano la delega, non si diventa grandi leader, passando le giornate ad ascoltare la voce degli elettori, in genere piccoli gruppi, anzichè appunto esercitare la delega. I leader guidano il popolo, non lo seguono, altrimenti non servirebbero più i portavoce e nemmeno un premier. Per il giovane Di Maio è il tempo del coraggio, il tempo di far voltare pagina al Paese e per farlo bisogna scegliere e accettare compromessi sulle persone, per poter scrivere pagine di un accordo innovativo per il bene dei contraenti e del Paese e farlo senza ascoltare troppi consigli. Ora lo vediamo un po’ incartato e dubitiamo sia abbastanza forte, anche se per simpatia e per il bene del Paese ci auguriamo di sbagliare
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