Anche nei primi tre mesi del 2012, le vittorie “piene” dell’Amministrazione finanziaria e degli altri enti contro i ricorsi presentati dai contribuenti sono meno della metà dei contenziosi esaminati dai giudici tributari.
Il dato emerge dal “Rapporto trimestrale sullo stato del contenzioso tributario – periodo gennaio / marzo 2012”, diramato nei giorni scorsi dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia.Nel dettaglio, in sede di Commissione tributaria provinciale (giudice di I grado), le vittorie “piene” dei contribuenti sono il 34,95%, quelle “piene” degli uffici il 39,83%, i giudizi “intermedi” (ossia quelli in cui le ragioni del contribuente vengono accolte, ma solo in parte) l’11,58%, gli altri esiti (tipo conciliazioni giudiziali o estinzione del processo) il 13,06%. In sede di Commissione tributaria regionale (giudice di II grado), i dati risultano sostanzialmente allineati per quanto attiene alle vittorie “piene” dei contribuenti (36,07%) ed i giudizi “intermedi” (12,00%), mentre crescono le vittorie “piene” degli uffici (47,57%) e cala invece la voce residuale degli altri esiti (4,37%).
Il dato disaggregato per tipologia di ente impositore evidenzia come migliore performance quella dell’Agenzia delle Dogane (63,70% di vittorie “piene” in I grado e 74,10% in II grado), mentre l’Agenzia delle Entrate si ferma a un 37,98% di vittorie “piene” in I grado e 45,11% in II grado.
Per Equitalia, le vittorie “piene” sono il 42,08% in I grado e il 47,79% in II grado.
I dati esprimono la percentuale di vittorie rispetto al numero di controversie trattate; non sono invece stati ancora diramati i corrispondenti dati rispetto al valore degli importi oggetto di controversia. I dati definitivi del MEF per l’intero anno 2010, diramati lo scorso novembre 2011, evidenziavano una percentuale di vittorie “piene” per l’Agenzia delle Entrate in misura pari al 39,76% del numero delle controversie decise dalle Commissioni Tributarie Provinciali (giudice I grado) ed una percentuale di vittorie “per importo in contestazione” pari al 47,19%. Il MEF non ha invece ancora diramato i dati definitivi per l’intero anno 2011, ma il dato, seppure in leggero miglioramento dal punto di vista della performance degli uffici, non dovrebbe discostarsi di molto da quello relativo al precedente anno 2010 e al successivo primo trimestre 2012.
Numeri oggettivamente ancora molto lontani dal rendere pacificamente sostenibile, in termini di adeguata tutela del cittadino contribuente, un sistema di riscossione frazionata, che, essendo stato reso sempre più rapido ed efficiente nell’immutabilità di interventi volti a velocizzare del pari i tempi della giustizia tributaria, lo rende sistematicamente moroso anche in pendenza di un giudizio che, a consuntivo, dà ragione piena agli enti impositori, ivi inclusa l’Agenzia delle Entrate, meno della metà delle volte e per non più della metà degli importi.
Necessario un cambiamento culturale dei contribuenti e dell’Agenzia
Numeri che inducono anche a qualche riflessione sulla necessità di un significativo cambiamento culturale, non solo da parte del contribuente, ma anche dell’Amministrazione finanziaria, tanto più oggi che le norme, a decorrere dallo scorso 1° aprile 2012, attribuiscono all’Agenzia delle Entrate il ruolo di mediatrice di se stessa, laddove stabiliscono che, per le controversie di valore non superiore a 20.000 euro, il contribuente non può ricorrere al giudice tributario prima di aver obbligatoriamente esperito la cosiddetta mediazione tributaria avanti altri uffici di quella stessa Pubblica Amministrazione che è anche sua controparte nel procedimento.
Al netto di un nome (mediazione tributaria), che proprio non convince e che dovrebbe più opportunamente essere declinato in “reclamo tributario amministrativo”, guardare con sfiducia a priori al nuovo istituto sarebbe sbagliato e denoterebbe quello stesso atteggiamento di chiusura che, spesso, sono i contribuenti stessi ad imputare agli uffici.
Ciascuno cerchi per parte sua di farlo funzionare e, tra qualche mese o un anno, saranno come sempre i numeri ed i fatti concreti l’unica vera risposta. È però anche vero che, così come le lettere “para-redditometriche” mandate in questi giorni ai contribuenti dimostrano che l’Agenzia delle Entrate non crede che i cambiamenti culturali possano avvenire senza i giusti stimoli (e, intendiamoci, non ha certo tutti i torti), allo stesso modo è preciso compito dei cittadini pungolare adeguatamente quella stessa Agenzia e, in senso più ampio, l’intera Amministrazione finanziaria, perché riesca a sua volta ad uscire dal vicolo cieco in cui è finita, causa anzitutto le eccessive aspettative di recupero di gettito, prima che di lotta all’evasione, che sono state scaricate su di essa, negli ultimi cinque anni, da uno Stato in strutturale debito di ossigeno.
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