Giorgia Meloni piccole politiche crescono

Bisogna ammetterlo, Giorgia Meloni è diventata adulta. La giovane ministra del governo Berlusconi ha mostrato coraggio e intelligenza. Coraggio, quando con Guido Crosetto, un gigante calmo e consapevole lettore della politica italiana, diede vita a Fratelli d’Italia, un raggruppamento che sembrava dover raccogliere gli orfani della vecchia Alleanza Nazionale distrutta da Fini. Erano i tempi in cui Forza Italia e la Lega la invitavano a tavola, solo per cortesia. Poi ha resistito, caparbiamente isolata, alla nascita del governo giallo verde, alla trionfale avanzata di Salvini, mentre Berlusconi in qualche modo si accomodava al tavolo, con la nomina della Casellati a Presidente del Senato e manteneva aperto, come sempre, il dialogo con molti esponenti della sinistra. Isolata, anche per certe posizioni ancor più radicali di quelle del leader leghista che le consentivano piano piano di riportare a casa i voti di quella destra dura, che vedeva nel Matteo milanese il nuovo uomo forte. Mentre Forza Italia dimezzava i suoi voti e la Lega li raddoppiava alle elezioni europee, FdI invece di sparire, ha continuato a crescere. Sempre inflessibile nella sua opposizione in Italia, in Europa la Meloni evitava l’errore di allearsi con la Le Pen e si metteva nel gruppo dei Conservatori, pienamente dentro il gioco di potere europeo. Alla rottura del governo giallo verde, mentre Salvini si incartava, la Meloni ha messo la terza e ha iniziato ad imbarcare gli uomini in fuga da Forza Italia, come il coordinatore dell’Emilia e Fitto, ras pugliese del partito di Silvio. Il suo attacco a Conte e ai 5 Stelle aveva il dono della coerenza, rispetto a quello salviniano, così come le critiche alla politica economica del governo, in fondo il reddito di cittadinanza era stato votato pure dalla Lega. Poi con la pandemia, Giorgia ha messo la quarta, votando gli scostamenti di bilancio, attaccando il governo con fermezza, ma senza sgangheratezze e soprattutto capendo che siccome non si voterà, certe chiusure verso il grande prestito europeo erano inopportune. Mentre Salvini è rimasto chiuso nel recinto dei vari Bagnai e Borghi e ha smesso di ascoltare Giorgetti e i suoi Governatori, lei ha seguito i ragionamenti di Crosetto, ha cominciato a parlare con Conte, libera da ruggini personali, ha mantenuto un rapporto migliore di Salvini col Cavaliere e si è avvicinata molto a Mattarella, mentre il leghista continua ad avere un cattivo rapporto col Colle. Anche al tavolo delle regionali si è fatta valere, portando a casa i due candidati: Marche e Puglia, dove si può sperare seriamente di battere il centro-sinistra, mentre Berlusconi sarà sconfitto in Campania e Salvini in Toscana , sapendo che in Veneto a vincere sarà Zaia, non certo Matteo. I sondaggi registrano, per quel che valgono, una quota di consenso a favore del suo partito del 15%, mentre la Lega scende rispetto alle europee di circa 10 punti. Ora potrebbe mettere la sesta marcia, scavalcando Salvini al centro in Italia e in Europa, il che la potrebbe portare ad insidiarlo da vicino con una quota di circa il 18-20% dei consensi. Siamo certi che lo farà, non velocemente, magari nascondendo la manovra sotto parole e atteggiamenti intransigenti, soprattutto se Salvini resterà fermo a critiche sterili agli aiuti europei, indicandone i pericoli, ma non le soluzioni. Questo le aprirebbe le porte del voto del nord, i cosiddetti produttori di ricchezza, siano imprenditori o operai, insomma quelli che hanno capito che dopo la prima socializzazione del debito in Europa e nell’Euro bisogna starci e si può solo discutere di come starci. Non sappiamo se ci riuscirà e crediamo sia difficile, ma Giorgia Meloni ci prova davvero  a diventare la primadonna del centro destra italiano

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