Più che dei nemici, Renzi deve preoccuparsi degli amici. La maggioranza renziana che governa il Pd non è un blocco omogeneo, come si tende a credere, ma un arcipelago con diverse sfumature, ci sono i renziani dell’ inner circle e quelli convertiti, per amore pochi, o per interesse molti. Ci sono i giovani turchi del ministro della Giustizia, Orlando, Orfini è una figura modesta, ci sono gli ex bersaniani, come il Governatore emiliano Bonaccini, ci sono i catto-dem di Delrio e Mughetti, ma soprattutto ci sono i seguaci di Franceschini, corrente che, a differenza di quella di Enrico Letta, non si è mai sciolta. Franceschini è un perfetto uomo per tutte le stagioni: già seguace di Zaccagnini, segretario della Dc morotea, fu cristiano- sociale, poi andreottiano, poi nel Partito Popolare con Marini, si candidò contro Castagnetti, per la segreteria. Passato al Pd,divenne capogruppo, poi vice di Veltroni, in seguito segretario del Pd per breve tempo, quindi bersaniano, poi al governo con Letta, infine renziano e ministro dell’attuale governo. Per lui il motto renziano “cambiare verso” è un istinto. Parliamo di lui perché,dopo un lungo e silenzioso immobilismo, ha ripreso a muoversi, imponendo come capogruppo in consiglio comunale a Roma, la giovane e bellissima moglie, a sentire gli esperti di gossip, attraverso l’accordo con il Governatore del Lazio Zingaretti e facendo fuori il renzianissimo candidato alle elezioni, Giachetti. Ovviamente si tratta della seconda moglie, supponiamo in ossequio alla rottamazione. Il disegno è chiaro: prendere il partito a Roma, confidare nel fallimento dei grillini e lanciare la giovane sposa verso lo scranno di sindaco. Si spiega così anche la bordata della ministra Madia ad Orfini, piccolo ras della Capitale, la quale,dopo aver peregrinato tra Letta, Veltroni, D’Alema, ecc., è approdata dalle parti di Franceschini. Come del resto molti deputati che sanno come il ministro sia bravo a difendere le sue quote di potere e i suoi uomini, nelle ultime elezioni ha avuto un seggio anche la sua segretaria. Franceschini non si fida di nessuno, tanto meno di Renzi, che conosce dai tempi in cui il fiorentino faceva il portaborse dell’ex vice ministro degli Esteri, Lapo Pistelli, la prima vittima del giovane Premier. Così, con l’avvicinarsi delle elezioni, il ministro tesse la sua tela e le sue alleanze per ogni evenienza, compresa la sconfitta di Renzi al referendum, che potrebbe aprirgli la strada per Palazzo Chigi, ipotesi non impossibile, visto che la Boschi è appesantita dallo scandalo Etruria e Delrio ha molto meno seguito nei gruppi e nel PD. Immobile, Iago attende, sapendo che quello che conta è cambiare verso, al momento giusto.
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