Presentata un’idea di cornice del Def, si è scatenato l’inferno: titoli bancari in picchiata, con rinvii per eccesso di ribasso, spread in salita fino alla vetta dei 300 punti sul bund tedesco, agenzie di rating pronte al downgrading. Il tutto mentre il quadro istituzionale andava in fibrillazione: il già poco loquace ministro Tria ammutoliva, il Presidente Mattarella esprimeva la sua preoccupazione, il premier Conte gettava acqua sul fuoco, o meglio sullo spread e Salvini lanciava un me ne frego di dannunziana memoria. Di Maio invece visitava i programmi televisivi per spiegare ai mercati che la manovra era eccellente, aboliva la povertà e rilanciava la crescita, peccato che i mercati non guardino la tv italiana. Tutto questo mentre ancora non avevamo la cornice, ma solo le due cifre chiave: deficit al 2,4% per il triennio 19-21 e pil all ‘1,6, 1,7%. Vediamo di fare un punto: il deficit al 2,4% è sostanzialmente in linea con quelli fatti dai governi precedenti del Pd, che in alcuni casi sono stati superiori, ad esempio nel 2015, Renzi regnante, fu del 2,6%. L’obbiettivo pil invece è ambizioso, visto che tutti gli Istituti, dal Fondo monetario, alla Banca d’Italia, non prevedono più dell’ 1%. Ciò che agita i mercati è il dubbio che lo sforamento programmato venga superato nella realtà, come accaduto nei cinque anni di governo Pd e che la manovra sia assistenziale e quindi non incida sulla crescita, come accadde per gli ottanta euro e questo porti ad un aumento del rapporto debito- pil, rendendo meno sostenibile il debito stesso. La manovra, occorre dirlo, contiene una corretta impostazione, tenendo insieme sgravi fiscali, flessibilità pensionistica e un non più dilazionabile intervento a favore delle fascie deboli. Negli anni del governo progressista coloro che vivono sotto la soglia di povertà sono passati da 1,5 milioni a 5,5 milioni, mentre il deficit è salito di quasi 200 miliardi di euro negli ultimi cinque anni. Avanti di questo passo, moriremo lentamente, fino a che l’irreversibilità del declino ci obbligherà ad una forte patrimoniale. Il governo Conte propone una terapia d’urto, per cui o si muore d’infarto, o la ripartenza della crescita consente di tornare in equilibrio. Dipenderà molto da come sarà dipinto il quadro che andrà dentro la cornice, o da come verranno somministrati e divisi i farmaci. A mente fredda si può dire che i tre driver possono partire insieme, ma la loro realizzazione deve essere spalmata nel tempo, anche oltre il triennio. Se i Cinque Stelle vogliono andare, come fece Renzi con gli 80 euro, all’incasso delle europee, gli eurocrati se ne potranno pure fare una ragione, data la loro debolezza e il peso dell’Italia e dei suoi debiti, ma i mercati continueranno a picchiare. Anche se hanno ragione a dire che il 2,4% è il minimo, visto che bisogna disinnescare la mina dell’Iva da 13 mld. I mercati non sono nè buoni, nè cattivi, fanno di conto e sanno che il Q.E di Draghi è alla fine, che l’economia europea sta rallentando dopo un lunghissimo ciclo economico espansivo, a cui l’Italia non ha partecipato e mettono in conto anche una recessione. Queste ulteriori riflessioni dovrebbero indurre a spostare il non molto a disposizione su ciò che favorisce la crescita, anziché sull’assistenza, senza toccare il 2,4%. Dipenderà molto dai paletti che verranno posti per restringere le platee delle pensioni e del reddito di cittadinanza. Inoltre la ripresa non dipende solo dall’economia mondiale e dagli investimenti, ma passa per il ridisegno di uno Stato che agisce da freno e ciò richiede tempo, pazienza, intelligenza. La propaganda serve a comprare tempo, ma dura poco, anzi per una simile svolta servono la forza del leone e l’astuzia della volpe, direbbe il Machiavelli, la forza, non il ruggito del leone. Questo governo non deve temere né l’Europa, come ho scritto sopra, né le opposizioni, ma i mercati sì, perché senza di loro non puoi fare deficit. Il buon senso consiglierebbe di agganciare le spese al pil, con una clausola di garanzia, che consente di spendere quanto si produce, anche perché così si potrebbe verificare l’impatto delle misure sulla crescita e dopo le europee, molte cose potrebbero cambiare. La svolta è necessaria e chi oggi grida, come il Pd, allo sfascio dei conti, ha lasciato con l’Iva da sterilizzare, una spesa che si mangia mezza manovra.