Evasione fiscale, non gogna ma serietà

Ravvedimento operoso last-minute in Commissione Bilancio al Senato: con un sub-emendamento dell’ultima ora alla manovra, il governo ha deciso di risparmiare gli onesti contribuenti dalla gogna mediatica dei redditi on-line. Gridava vendetta alla libertà il feeling incestuoso fra maggioranza ed opposizione che, nel primo round della lotta agli emendamenti, aveva condotto alla decisione stalinfederalista di devolvere a comuni e cittadini, rispettivamente, i ruoli di big brother e guardiani guardoni degli evasori. Si voleva il monitoraggio sociale dei buoni sui cattivi, si sarebbe ottenuto il ricatto sociale dei cattivi sui buoni.

Sono invece rimaste a bocca asciutta le migliaia di potenziali ficcanaso impenitenti, già pronti sul piede di guerra ad intasare i siti internet dei comuni, alla famelica ricerca del reddito della discordia. Dall’era di Facebook all’era di Pocketbook, sarebbe stato un bel salto di civiltà; ci aveva già provato Visco, con esiti disastrosi, a testare il metodo Kbg dei redditi on-line, non era proprio il caso di ripetersi. Alla fine, per fortuna o provvidenza, hanno prevalso il buon senso e l’esperienza del passato: niente tassa sociale sulla libertà dunque, a beneficio dell’incolumità e della serenità dei cittadini contribuenti. All’elettorato liberale sono stati così risparmiati sia il tradimento che la beffa, in considerazione della scarsa efficacia di una soluzione che avrebbe scaricato sull’intima sfera della gente il peso di un fardello che, prima di tutto, spetta portare allo Stato. Al ravvedimento operoso dovrà adesso far seguito un impegno deciso per sanare la piaga sociale che ferisce e immobilizza il paese. Le informazioni che si volevano esporre al pubblico ludibrio sono già a disposizione dei soggetti istituzionalmente deputati a scovare e punire gli evasori; si migliorino ed intensifichino le sinergie fra stato, forze dell’ordine ed enti locali, attraverso una più efficiente ed efficace condivisione dei data-base disponibili ed un utilizzo più concertato ed incisivo delle risorse umane e tecnologiche a disposizione. Si incrementino, in aggiunta, gli incentivi e le responsabilità dei funzionari pubblici preposti a scovare e punire gli evasori; si semplifichino ed armonizzino, ancora, criteri e modalità di calcolo ed applicazione delle imposte, in modo da agevolarne la comprensione e favorirne l’accettazione e quindi il pagamento, a beneficio di contribuenti e stato. Per altro verso, non si può pensare di affidare all’imperio di un decreto-legge una improbabile devoluzione pseudo-sussidiaria di responsabilità dallo stato ai cittadini, perché il processo di consapevolezza e responsabilizzazione deve partire dalla base. Un sano monitoraggio sociale può partorire solo dall’educazione dei contribuenti, perchè diventi cultura il convincimento che pagare tasse giuste è utile e fa bene alla società. Ad ognuno la sua parte, ergo: allo Stato – nelle sue varie articolazioni – tocca imporre, far pagare ed impiegare le tasse, cum grano salis. E’ invece responsabilità dei cittadini, delle famiglie, della scuola, dei corpi intermedi della società (associazioni, fondazioni, cooperative) quella di educare ed educarsi alla cultura del buon contribuente, con il sostegno non invasivo della mano pubblica. Solo questa cultura – altro che 730 alla berlina – potrà condurre ad un reale ed efficace monitoraggio fiscale su base sociale, fondato su principi di legalità e reputazione. Reputazione che il Governo avrebbe rischiato di perdere, fra i suoi elettori, se la chimera dei redditi on-line si fosse trasformata in legge. C’è adesso da augurarsi che, da qui all’approvazione finale del provvedimento, tecnici e politici non ci riservino altri mal di cuore e cattive sorprese, perché sbagliare e ravvedersi è umano, perseverare è diabolico: vale per i contribuenti come per i governanti.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.