A differenza di chi esprime commenti dubitativi ed arzigolati sul primo turno delle elezioni francesi, sul nome del vincitore non abbiamo dubbi, si tratta di Macron. Un candidato che, partito un anno fa senza un partito alle spalle, ha portato il suo movimento, En Marche al primo posto, superando la consolidata e iper attesa Marine Le Pen e lasciando fuori dal ballottaggio i due partiti storici della quinta Repubblica, i socialisti precipitati al 6% e i repubblicani fermi al 20%. E’ Macron ad aver terremotato il quadro politico francese, Marine era largamente attesa al ballottaggio e nonostante l’indubbia crescita elettorale, è rimasta al di sotto delle attese e si presenta sfavorita al turno finale. Il successo di Macron è ancora più sorprendente, se si valuta che non si è nascosto dietro le critiche all’Europa, ma ha orgogliosamente rivendicato il suo europeismo, non cedendo, come Fillon, alla tentazione di scimmiottare i populismi. I commentatori dicono che non avrà una maggioranza alle elezioni legislative e dovrà adattarsi ad una coabitazione, ma in caso di vittoria della Le Pen, il problema sarebbe ancor più grave: il Fronte non ha nè deputati nè senatori e soprattutto non avendo alleati, non ha la possibilità di conquistane molti. Macron può invece ridisegnare la geografia politica, richiamando a sè un pezzo importante del Partito socialista e i centristi, oltre a pezzi di Repubblicani; ed ove non bastasse, può essere il perno di una nuova alleanza tra sinistra moderata e Repubblicani. Se vincesse, Macron potrebbe modernizzare la Francia e rilanciare l’Europa e sappiamo quanto ci sia bisogno di entrambe le cose. Si tende sempre a trasferire le esperienze elettorali dei paesi vicini in Italia, ma da noi il partito fuori dagli schemi è il movimento 5 Stelle che persegue politiche simili a quelle di Melenchon e non ha un leader dello spessore di Macron. Renzi ha occupato manu militari il Pd e comunque questa era un’operazione che poteva fare prima della sconfitta referendaria, ora rischia di essere assimilato ai vecchi partiti. Per quanto riguarda il centro destra, non c’è stata la rottura tra moderati e sovranisti, che caratterizza la Francia, continuano a restare uniti nei numeri e divisi nelle idee. Se proprio vogliamo giocare, l’unico che oggi potrebbe tentare l’avventura, sarebbe il ministro Calenda, ma dovrebbe dimettersi dal governo, fondare il movimento, federare gli spezzoni di un centro, ancora ostaggio di Berlusconi, troppo, temiamo per le sue capacità e per il poco tempo che resta. Allora rassegnamoci alla nostra non virtuosa diversità.
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