La capitale è per certi aspetti ingovernabile, ma se il suo primo cittadino non si fa neanche vedere in giro dopo otto mesi di amministrazione allora la situazione diventa tragica, tra i cassonetti che tracimano e l’aria irrespirabile. Serve discontinuità
L’ultimo pasticcio è stato quello dell’indecente questionario alle famiglie con disabili con domande tipo: «Quanto ti vergogni di tuo figlio? Quanto ti senti in imbarazzo per il suo comportamento? E quanto risentimento provi nei suoi confronti?» – una roba invereconda di cui non è chiarissima la paternità ma sulla quale si è scatenata la polemica sulla giunta di Roma che infine lo ha ritirato.
Un incidente brutto, come minimo una prova di assoluta mancanza di accortezza. E tuttavia a otto mesi dalla sua elezione il problema di Roberto Gualtieri non è dato da questo o quell’incidente (ci si è messo anche l’incendio della discarica di Malagrotta che ha reso e rende tuttora irrespirabile l’aria in quella zona), e se vogliamo la questione non è nemmeno la persistenza pur grave del dramma della mondezza e le continue foto dei cinghiali: ma è una questione politica, nel senso più pregnante della parola.
In estrema sintesi, la domanda che molti romani – anche suoi elettori – si pongono è questa: dov’è il sindaco?
Per entrare nel merito, bisogna innanzi tutto premettere per l’ennesima volta che Roma è una città enorme, assurda, per vari aspetti praticamente ingovernabile, e nessun protagonismo personale potrebbe mettere una pezza su una realtà mostruosa come questa.
Ma ciò detto è difficile ricordare un altro sindaco con così poca presenza fisica, mediatica, politica e questa è evidentemente una scelta del Sindaco, che è non solo caratterialmente un mite, uno che non ama le luci della ribalta, ma è anche un uomo politico abituato a lavorare in silenzio: ma questo poteva andare bene al Mef, al Campidoglio non funziona.
Non tutti possono avere l’empatia con la città che avevano Francesco Rutelli o Walter Veltroni, e nessuno chiede a Gualtieri di essere diverso da com’è, e però se vuoi fare il sindaco di Roma non puoi vivere sotto una campana di vetro: vai in giro, fatti vedere, comunica meglio.
Tanto più che questa Giunta ha idee importanti sull’ambiente (bravissimo e coraggioso il sindaco che vuole il termovalorizzatore), avrà risorse ingentissime per il Giubileo del 2025 e forse per l’Expò 2030 per cui Roma è candidata, sono occasioni straordinarie per restituire alla Capitale d’Italia il volto di una metropoli moderna e più efficiente. Ma i cittadini ne sanno poco, dei progetti.
Non vorremmo che l’azione della Giunta e dello stesso sindaco fossero in qualche modo ostacolate o condizionate da ambienti politici, come se vi fosse una azione parallela di pezzi della politica a quella istituzionale.
La conseguenza dell’imballamento della giunta Gualtieri e che Roma vive alla giornata, come sempre, nel solito casino del traffico e con i cassonetti che tracimano, con l’aria irrespirabile (con 35 gradi poi…), la movida che impazza e il decoro urbano che non migliora, e insomma a farla breve ancora non si scorge una vera discontinuità con la peggiore amministrazione dai tempi di Rea Silvia (copyright Filippo Sensi) cioè quella di Virginia Raggi; e pur avendo scampato il pericolo di un sindaco non solo di destra ma evidentemente ignaro di tutto come quel Domenico Michetti voluto da Giorgia Meloni (fulgido esempio di come ella sceglierebbe il personale di governo), oggi si ritrova con una Giunta autoreferenziale che non si vede e non si sente. Otto mesi non sono tanti ma non sono nemmeno pochissimi, e il primo a saperlo dovrebbe essere proprio Roberto Gualtieri.
Da Linkiesta
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