Indignato, l’onorevole Di Pietro, in un video messaggio dichiara: Mio figlio Cristiano non è un “trota” qualunque e quindi niente scandalo per la sua candidatura alle regionali del Molise. Vista la stazza, in effetti potrebbe essere un tonno, ma ormai non fa più scandalo che la casta, dopo aver evitato di tagliarsi i privilegi, continui imperterrita a portare nei vari parlamenti, figli, segretari ed amanti.
Lo scandalo sta nel fatto che l’on. Di Pietro voglia pure fare il moralista e gabellarci fino al punto di negare che il suo è il partito più personale d’Italia. Ora è vero che un figlio non perde i diritti civili a causa del padre, ma se è così, non li perde neppure il Trota e se Cristiano sa attaccare manifesti, pensiamo che fino lì arrivi anche il giovane Bossi, che è stato eletto, prendendo le preferenze e non rifugiandosi nel listino, come la Minetti. Certo è più facile ottenere le preferenze se sei il figlio di Bossi o di Di Pietro, che uno sfigato qualunque. Pertanto, visto che appartiene in toto alla casta che ci governa, Di Pietro farebbe bene ad evitare di fare il furbo. Capiamo che essendo un furbo di tre cotte, cerchi di salvare capra e cavoli come la sua diversità, ormai apertamente messa in discussione da suoi ex compagni di strada (vedi Beppe Grillo) e lo stipendio per il figlio, ma il moralismo deve essere un fenomeno a corrente continua, non alternata, altrimenti è una presa per i fondelli. L’Italia può vivere tranquillamente senza il trota e senza il tonno, anzi vivrebbe meglio anche senza i loro padri.