Se la Procura di Genova spera di cavare qualcosa dalla chiamata degli ex ministri dei trasporti Di Pietro e Delrio, convocati come persone informate dei fatti, si illude, almeno per quanto riguarda Delrio. Infatti,sentito dalla Procura emiliana sulla ’ndrangheta a Reggio, era stato a dir poco vago. Se tanto mi da tanto, alla domanda sul crollo del Morandi, non ci stupiremmo chiedesse se si tratta di Gianni Morandi, l’esecutore di “fatti mandare dalla mamma a prendere il latte”. Delrio verrà sentito perché durante la sua permanenza al ministero si dispiegò l’iter per il rinforzo del ponte, approvato e mai realizzato. Sotto Di Pietro, il governo siglò la convenzione con Autostrade. A cosa serva interrogare i due, mi è incomprensibile, responsabilità dirette non ne vengono contestate e quelle politiche non sono oggetto dell’indagine, ma sono chiare. Infatti alla domanda fatta dal Pm al dirigente della Vigilanza del ministero, come sia stato possibile che un ponte così problematico non abbia avuto in venticinque anni alcuna manutenzione strutturale, il dirigente risponde testuale “non saprei neppure se al ministero vi siano tecnici idonei a effettuare controlli e valutazioni del genere”. Il che la dice lunga sul fatto che i ministri degli ultimi vent’ anni dovrebbero essere chiamati in causa come responsabili, più che come persone informate, visto che dubitiamo sapessero che le strutture sotto di loro erano impossibilitate ai controlli. Non che il neo arrivato Toninelli si sia rivelato un genio, nominando a capo della commissione d’indagine proprio Santoro, il capo della vigilanza, non vigilante. Ora sia Di Pietro che Delrio sono stati condannati dagli elettori, ma visto quello che sta emergendo, sarebbe di buongusto si astenessero dal predicare agli altri la virtù, il primo dai talk televisivi, il secondo anche dai banchi del Parlamento. Pure i peccati dio missione sono gravi e non si può neppure invocare l’attenuante dell’incompetenza. Si può fare di più, cantava Gianni Morandi, di quanto hanno fatto nostri eroi.
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