Dal governo gialloverde a quello giallorosso dalla rivoluzione alla restaurazione

Capita quasi sempre che le rivoluzioni finiscano in restaurazioni. Non ha fatto eccezione il governo gialloverde, che segnava oggettivamente una rivoluzione, generazionale i ministri ed i leaders erano quasi tutti giovani e di sistema, si trattava di due partiti fuori dal giro classico delle democrazie occidentali e dal governo d’Europa.Avevano l’occasione di governare 5 anni e di cambiare il Paese, se fossero partiti dal riparare il camion Italia, con un paio di anni dedicati a rendere efficiente e digitale la macchina statale ed a semplificare le procedure. Invece hanno caricato sul vecchio camion della OM, reddito di cittadinanza e quota cento due riforme, non particolarmente innovative e soprattutto costose e pesanti da gestire. Fatto questo l’intesa si è spenta, il resto del tempo è stato passato a litigare. Dopo le Europee Salvini in preda a delirio di altitudine, ha ritenuto di essere il Capitano ed ha rotto il governo senza aver verificato che ciò portasse alle elezioni, anzi visto l’errore, ha riproposto di rifare il governo. Insomma da Capitano a Capitone. Sulla ripartenza, si direbbe in termini calcistici, Matteo Renzi ha capito che poteva infilzare l’avversario giocando sulla paura del voto dei 5 Stelle e sulla fame di potere del Pd,che ha scatenato subito i capi corrente che hanno trascinato il povero Zingaretti di corsa verso l’accordo. Il plauso delle cancellerie e dello Stato Profondo ha segnato il ritorno alla restaurata normalità. Il Pd è il partito dei poteri e dei poterini forti, i 5 Stelle staranno zitti in attesa di finire normalizzati come costola ambientalista e giovanilista del Pd. Come ogni restaurazione anche questa ha avuto il suo Tayllerand, Giuseppi Conte come lo chiama Trump, a proposito il puzzone americano non era un pericolo per la sinistra? Nessun problema chi si bagna nel fonte battesimale della catto-sinistra esce mondato da ogni peccato. Conte è l’unico presidente che sia riuscito a rimanere premier con due maggioranze diverse, senza alcuna interruzione, una cosa che non riuscì neppure a Giovanni Giolittti, ma appunto a Tayllerand, che di regimi ne attraversò tre. Ora aspettiamo che il nostro presida pure il prossimo governo dopo le elezioni con maggioranza ancora diversa. Grande festa nei salotti del potere, il barbaro Salvini se n’è andato, lasciando sul tavolo 500 nomine importanti comprese le aziende di Stato, grande festa dicevamo tra i soliti boiardi: il Pd ha una lunga e collaudata lista di nomi ed i 5 Stelle avranno posti, ma non hanno nomi e pertanto attingeranno dal solito giro di boiardi, che la pensano allo stesso modo e frequentano le stesse stanze. La sola differenza da quelli del Pd è che si scopriranno improvvisamente innamorati di Grillo e Casaleggio. Se l’operazione di omogeneizzazione dei % Stelle riuscirà, la restaurazione sarà completa e la sinistra si sarà salvata dal baratro ed eleggerà ancora una volta il Presidente della Repubblica, sono trent’anni che lo nomina. In questo caso la marcia nel deserto la dovrà fare il centrodestra, che anziché convocare la piazza dovrebbe darsi una configurazione vincente, quella attuale non lo è.

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