Che succede in Eni, Confindustria e Generali? Che problemi ha Confindustria? Quale mezza verità ha detto Alessandro Benetton? Ecco sette piccole spigolature sul potere politico finanziario italiano da leggere crogiolandosi sotto il solleone agostano.
TONINELLI STUDENTE SVOGLIATO DI GIURISPRUDENZA
Il ministro Danilo Toninelli racconta se stesso in chiave intimista a un Luca Telese (per Panorama) interessato esclusivamente a fargli dire – e non lo dice – che ha litigato con Matteo Salvini o che comunque gli sta sui maroni. Si legge l’intervista con la speranza che si evinca su quale base culturale poggi l’ascesa ministeriale del riccioluto pentastellato. Ma niente da fare. Il massimo che si viene a sapere è che è di natali modesti, che a casa sua non c’erano libri, che ha frequentato Giurisprudenza nonostante non gliene fregasse niente del diritto e che la tesi, guarda il caso, l’ha fatta in Diritto del lavoro sulle «35 ore». Ma uno vale uno.
DI MAIO PER SALVARE LE IMPRESE TIRA A SORTE
La legge si chiama ancora Marzano, ma d’ora in avanti finiremo per ribattezzarla Di Maio. È la normativa che riguarda la nomina dei commissari per le aziende in crisi, e la nuova procedura predisposta dal nuovo inquilino di via Veneto 33 (Mise) è a dir poco originale: tra i candidati selezionati, si sceglierà tirando a sorte. Altro che head hunter e meritocrazia, vai con la dea bendata. Esordio con Condotte. Che la dea ce la mandi buona
I VERTICI DI CONFINDUSTRIA? PESSIMI IMPRENDITORI
Quando si dice la rappresentatività: ora Confindustria simboleggia pienamente le imprese in crisi. Non bastandogli di avere il malato grave in casa (Sole 24 Ore) che ora toccherà a Giuseppe Cerbone cercare di rianimare, adesso ha infatti anche i suoi vertici inguaiati. Ha iniziato con Filippo Tortoriello, che è diventato presidente di Confindustria Roma-Lazio proprio mentre la sua azienda, la quotata Gala, andava a gambe all’aria. Adesso tocca alla vicepresidente nazionale con delega all’Europa, Lisa Ferrarini, il cui gruppo, soffocato da 250 milioni di debiti, si è dovuto rifugiare nel concordato in bianco. In entrambi i casi, di dare le dimissioni non viene nemmeno in mente, e d’altra parte nessuno le sollecita.
GENERALI, C’È UN AZIONISTA CHE MUGUGNA
Non tutti gli azionisti importanti di Generali vanno in vacanza contenti. Ce n’è uno, italiano, decisamente arrabbiato, a cui in particolare non è andato giù l’arrivo di un altro francese ai vertici – il ceo Philippe Donnet ha scelto come general manager, di fatto il numero due della compagnia, Frederic de Courtois – e che nutre qualche dubbio sui conti, presentati in modo trionfalistico, specie di Generali Italia. Sembra infatti che questo importante azionista abbia chiesto a dei consulenti specialisti nel ramo, di guardare con attenzione la gestione dei sinistri rca e delle relative riserve. A settembre la resa dei conti. Chi è? Impossibile non saperlo…
ALESSANDRO BENETTON E QUEGLI STRANI COMPLIMENTI ALLO ZIO GILBERTO
A volte le bugie non vengono bene, e il naso s’allunga. Alessandro Benetton, intervistato daFabio Bogo per Affari & Finanza di Repubblica, alla domanda su Edizione Holding, benedice il presidente Fabio Cerchiai e l’amministratore delegato Marco Patuano («stanno facendo molto bene») – e fin qui ci può anche stare – ma poi aggiunge una sviolinata allo zio Gilberto («la sua visione strategica è una garanzia») che chiunque conosce lo stato dei rapporti in casa Benetton sa che non può essere la verità.
COMPAGNIA SAN PAOLO E LE ALLEGRE RICOSTRUZIONI DI FOGLIO E CORRIERE
A proposito di bugie, viene da sorridere a leggere la ricostruzione che il Foglio e l’edizione torinese del Corriere della Sera hanno voluto fare dell’avvicendamento alla segreteria generale della fondazione Compagnia di San Paolo, azionista di Banca Intesa. Intanto, sembra che scegliere un interno – Alberto Anfossi nella fattispecie – sia, chissà perché, segno di pochezza. Poi si evince che Licia Mattioli ha commesso reato nel candidare a quella posizione un valente economista come Pietro Garibaldi. Infine, si scopre che l’altro candidato perdente, Stefano Firpo, dirigente del Mise che viene definito nientemeno «il papà del Piano Industria 4.0 e dei Pir», si dice «esterrefatto» perché non è mai stato in corsa ed è tutta colpa del presidente Francesco Profumo che prima lo ha spinto e poi lo ha mollato per assicurarsi la riconferma.
ENI, GLI ILLUSI DI GRANATA
Claudio Granata è sempre più il deus ex machina dell’Eni, tanto che qualcuno scommette che quando verrà il momento di sostituire Claudio Descalzi, da cui pure dipende visto che è il suo attendente di campo, si farà avanti. Nel frattempo Granata cerca di rafforzarsi nelle relazioni politiche. Solo che si muove guardando ancora al vecchio quadro di potere. Ha infatti promesso sia a Massimo Mucchetti, ex parlamentare Pd dopo essere stato per anni firma economica di punta del Corriere della Sera, sia ad Antonio Funiciello, già stretto collaboratore a palazzo Chigi prima di Luca Lotti e poi di Paolo Gentiloni, di essere ingaggiati dall’Eni per curare le relazioni istituzionali e i rapporti con gli stakeholders. Ora Granata si è però reso conto che quegli ingaggi risulterebbero altrettanti pugni nello stomaco dei nuovi potenti arrivati al governo, e tergiversa. I due, che hanno mangiato la foglia, resettano le loro attese. Funiciello, per esempio, ha esordito come editorialista dell’Espresso, scrivendo nientemeno che di Genesi, Prometeo e Zeus per parlare di democrazia a rischio.
Da: Lettera 43
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