Cooperative. Occasione perduta

CaprottiNel panorama economico italiano il peso delle cooperative non è cosa trascurabile.

Nel panorama della pochezza padronale italiana potevano essere una grande e importante risorsa.

Peccato.

Peccato perché se i nostri industriali, ma di tipo padrone delle ferriere, sono non solo datati, ma miopi, le cooperative riescono a volte ad essere peggio.

Eppure avevano un grande vantaggio : non essendo padroni avrebbero dovuto esprimere managerialità, come le public companies anglosassoni o le grandi società francesi.

E invece no.

Sono il cimitero degli elefanti di tutti i politici trombati o congelati.

E fin lì i danni ci furono, ma limitati. Il peggio è venuto quando c’è stata necessità “pecuniaria” extra. Qui sono cominciati i guai.

Non c’è un’operazione di livello da medio in su in cui le cooperative non abbiano preso bidoni.

Hanno sempre comprato strapagando e tante volte cadaveri che nessuno avrebbe mai voluto. Altra specialità è stata la cattiva gestione di una buona società, il relativo fallimento e la pronta acquisizione da parte di un privato. A tal proposito pensate alla Giglio.

Che poi è “tempestivamente” finita nelle mani di Tanzi, fallito a sua volta, ma con i milioni, tanti, sapientemente inguattati in mille isolette. E qui si rimarca un’altra differenza : quando fallisce una cooperativa non si trova mai niente dentro, tutti falliti “onestamente”.

Che poi si siano strapagati e abbiano finanziato l’incredibile, questo è un altro capitolo in cui di solito nessuno si addentra, neppure i soci “trombati”.

E questi fallimenti sono ormai all’ordine del giorno, ma nonostante tutto, non si vedono grandi sforzi tra i sopravvissuti, magari mettendo mano al management e riposizionando l’azienda sul mercato.

E non crediate che le condizioni di lavoro per i dipendenti siano invidiabili. Almeno a dar retta alle signore delle pulizie che dipendono da Reggio Emilia e lavorano nell’ospedale di Genova. Ma tutto tace, i nomi sono sempre gli stessi, da una presidenza si passa ad un’altra, incassando la buonuscita, e intanto i bilanci si fanno con “operazioni finanziarie”.

Neppure Marx ha scritto che le società e le imprese in quanto tali sono da condannare, solo il plusvalore e lo sfruttamento. Ma i nostri capi cooperatori, preferiscono masticare costosi crostacei piuttosto che filosofia e allora hanno pensato che nelle imprese ci si sta per distruggerle e che loro non saranno mai sfruttati. Il conto?

Beh quello, come per ostriche e sampagne (all’emiliana), al popolino, che almeno si goda qualcosa, il brivido di una botta di vita (la loro).

Nel frattempo la magistratura, pachidermica, avanza e a qualcuno tremano i polsi, e magari ci si sposta in posizioni più defilate, ma sempre di potere.

I soci intanto, ignari, e anche ignavi per dovere di partito, stanno seduti tranquilli, ma se si guardano intorno e leggono qualche giornale, anche il loro, si dovrebbero rendere conto che non sono nel salotto buono, ma nella santabarbara.

Per fortuna che, ubbidienti ai dettami salutistici diffusi, non fumano.

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