Come un rosario si sgrana nella Città di Prampolini, Reggio Emilia, il padre del movimento cooperativo: il rosario dei fallimenti di cooperative, Muratori di Reggiolo, Orion, Cormo, Ccpl, Coop sette e probabilmente Unieco, Unibon, salvata da un provvidenziale acquisto, Coop Nordest da una provvidenziale fusione e qui mi fermo, perché credo basti. Le cause: cambiamento del mercato edilizio, fine del vantaggio politico dovuto a permessi edificativi o licenze commerciali, incapacità di leggere la globalizzazione, di internazionalizzarsi, mentre i supermercati francesi e tedeschi invadevano l’Europa, le coop di consumo non sono riuscite a fare neppure un’unica società nazionale, di quelle di costruzione non parliamo neppure, poi un management formato alle scuole di partito, senza studi ed esperienze professionali alle spalle. Con i loro fallimenti, sono andati in fumo i risparmi dei prestiti soci, per lo più lavoratori che avevano creduto alla cooperazione e al partito, gente che ha sgobbato per salari modesti, mentre la dirigenza si assegnava stipendi sontuosi, presi per i fondelli tre volte. Abbiamo visto periti industriali passare da impiegati comunali a manager, laureati in sociologia da assessori ad economisti, sindacalisti diventare finanzieri, senza aver neppure letto Karl Marx. In fondo anche Ernesto Che Guevara, da medico diventò ministro del Tesoro, dopo la rivoluzione, ma ebbe il buon gusto di dimettersi e tornare all’antico mestiere di rivoluzionario. Uno penserà che dopo i default le cose saranno cambiate, invece no, ancora i soliti politici, alcuni nuovi, altri riciclati, ancora alla ricerca dell’appoggio della politica. A volte finiscono indagati, non credo di ricordare condanne, ma questo vale anche per i privati, ormai da noi esiste per lo più capitalismo assistito, che cresce spogliando il Paese, un insieme che governa le nostre vite dalla culla alla bara, dai nidi, alle imprese di pompe funebri, ai cimiteri. Infatti il Pd oggi governa la grande maggioranza dei Comuni, tutte le Province, quasi tutte le Regioni, controlla il Governo, le imprese statali: Eni, Enel, Finmeccanica, ecc.., tutte le imprese locali che sono migliaia. Insomma, non solo nidi e pompe funebri, ma scuola, università, ospedali, pensioni e lavoro, se avete qualche lamentela almeno sapete chi comanda e sapete che spesso non hanno dovuto né studiare, né lavorare per arrivare dove sono, men che meno hanno dovuto espatriare. Ha ragione Poletti, non tutti quelli che emigrano sono più intelligenti e non tutti quelli che restano sono dei pistola. Di sicuro non lo è l’ex premier che in tutta la sua vita ha lavorato pochi giorni nell’azienda del padre, non lo è la Madia che è diventata deputata appena laureata, di sicuro non lo è la Fedeli che la laurea se l’è inventata ed è passata da burocrate sindacale a burocrate politica. Una cosa è sicura: chi se ne va ha un vantaggio, non vedere più tutti i giorni le loro facce e ascoltare le loro balle.
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