Nel non lontano 2011 erano sei i colossi coop delle costruzioni nella classifica dei più grandi in Italia. All’epoca, assieme avevano un giro d’affari di 5 miliardi di euro e due di questi, CCC e CMC Ravenna, erano da podio. Ora in classifica sopravvive all’ottavo posto la sola CMB di Carpi, pur con qualche crepa, fatturato 2017 del 7% a 480 mln, utile a meno 77% a 2,8 mln. Per le altre cinque la sorte, seppur diversa per ognuna, non è stata benigna: CESI di Imola aveva ricavi per340 mln ed è fallita. Coopsette, di Reggio E, è finita in procedura concorsuale da tempo, dopo che il fatturato era crollato da 500 a 200 mln circa, il prestito soci era svanito e i vertici avevano avuto pure grane giudiziarie. Unieco, sempre di Reggio, era un simbolo: nel 2011 fatturava 1,4 miliardi di euro, nel 2015 era scesa a 811 mln e pure lei con il suo intrico di società, è finita in liquidazione. Per ultima ha dovuto ricorrere al giudice CMC Ravenna, che nel 2011 occupava l’ottava posizione nazionale e ora presenta un’ esposizione di 2 miliardi di euro, contro un fatturato 2017 di poco superiore ad un miliardo di euro. Infine il CCC, Consorzio Cooperative Costruzioni, che sempre nel 2011 era terzo con 1,6 miliardi di fatturato, non esiste più. Ora è pur vero che il settore è da tempo in crisi e che soffrono anche grandi gruppi privati come Astaldi,3 miliardi di fatturato. e il gruppo Condotte, ma questo non giustifica una tale debacle. Nei tempi di vacche grasse avrebbero potuto unirsi in un unico gruppo di dimensioni internazionali, ridurre i costi fissi, dimagrire le strutture gonfie di politici e di protetti, aprirsi al mercato dei capitali, insomma, fare le imprese. Come tardivamente cercano di fare le coop di consumo e neppure tutte. Le coop di consumo hanno anche “ereditato” le quote Unipol, in cui le costruzioni contavano molto. Il lavoro degli eredi di Prampolini è stato disperso negli ultimi anni da un rosario di fallimenti, in cui i lavoratori hanno perso il posto, senza che i sindacati alzassero la voce e i risparmiatori i prestiti, senza che nessuno parlasse. Pure le banche ci hanno rimesso parecchio, soprattutto quelle nell’orbita della politica, come Mps e Carige e non pare che qualcuno abbia pagato per questo, ma così va nel mondo degli ottimati. O meglio, ha pagato il Pd, anche se non solo per questo. Il popolo, quello vero, non quello degli ottimati, ha una sua profonda saggezza e ha capito che in un sistema di porte girevoli, dove dal partito si diventava sindaci, poi dirigenti coop, oppure si faceva lo stesso percorso dalla Cgil, i responsabili erano sempre gli stessi. I profeti del socialismo avevano detto di essere imprenditori, invece si erano rivelati prenditori, come un qualsiasi capitalista.
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