Sono ancora sotto l’influsso di Durrenmatt, che ho riletto dopo una quarantina d’anni. Mi sono dedicato alle opere minori, dove racconta di sè, dei luoghi dove ha vissuto e delle sue manie. Dello specchio, ma soprattutto del binocolo. Del guardare inosservati, per poi scoprire che si è osservati alla fine anche da chi noi osserviamo. E per trasposizione mi sono posto il problema sulla lettura. Io scrivo e qualcuno mi legge, ma forse leggo qualcosa da qualcuno che mi ha letto. Insomma, si tende a diventare una conventicola. Andrebbe anche bene, ma temo che i numeri si restringano sempre di più. Lo vedo in Facebook, ormai nessuno commenta i commenti, tonnellate di like e niente dialogo, anche minimo. Lo vedo anche nella pubblicità: i messaggi passano solo sull’emozione, ma quella prestampata, quella che ti aspetti, quella che non ti emoziona, lo stesso funziona perché nell’attimo che lo vedi, diventa un must, non un piacere, ma un dovere.
Perché dico questo? Semplice perché scrivo su un blog di finanza e di politica, due materie in cui si può concordare o dissentire, ma non con il sentimento, bensì con la ragione. Io a volte scrivo per cercare di suscitare reazioni rabbiose nei miei confronti, di trovare qualcuno che mi dia contro o almeno mi dica “stronzo!,” eppure la finanza sono i nostri soldi, il nostro futuro e la politica il nostro presente e il nostro vivere. Niente, tutti sanno già tutto e assentono, anche quando parlo dei mali che ci affliggono, ma che non sono necessari. Poi penso all’ultima puntata di Crozza, là dove faceva Verdini. Credo abbia sofferto come un cane a rappresentare quello che avviene. Come credo che soffra a fare Razzi e se gli scappa da ridere, è un riso isterico: noi, quindi anche lui, in mano a personaggi del genere! Nemmeno nei romanzi d’appendice più scalcagnati potremmo trovare parlamentari e senatori di tal fatta. Vogliamo parlare dei grandi AD (o all’americana CEO) delle nostre banche? Li abbiamo strapagati perché non se ne andassero e si sono strapagati, per andarsene. Morale della favola, sono sempre qui, nessuno li vuole, nessuno li chiama. Per dirla con Garcia Marquez “nessuno scrive al colonnello”. Ma la lezione non la impariamo mai, allora anche chi è venuto dopo, prende le stesse prebende. Mistero. O forse no, se dentro e fuori NON lo decidono le riconosciute capacità, ma solo le amicizie (magari di personaggi come Verdini e Razzi, appunto).
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