Di Gianni Galeotti
Dopo settimane di conferenze stampa senza contenuti concreti su decreti
ancora da scrivere, ancora da pubblicare e da ufficializzare, di conferenze
stampa trasformate da una incomprensibile, presuntuosa ed irrispettosa (anche
per il mondo dei media) strategia comunicativa, in pseudo messaggi alla
nazione, ieri sera Conte, nel suo ennesimo discorso, ha tirato la corda, e la
corda si è rotta. Non tanto sul pur importante fronte politico (che fornendo
agli occhi dell’Europa l’immagine di un governo isolato e scollegato dal
Parlamento certo non aiuta la causa dell’Italia), ma soprattutto sul fronte
istituzionale e costituzionale.
Conte, che già nei giorni scorsi, e nei precedenti, aveva portato all’estremo
l’uso delle proprie prerogative istituzionali (giustamente amplificate
dall’emergenza straordinaria ed epocale come quella che il nostro Paese sta
attraversando), ha trasformato il nuovo messaggio/conferenza di ieri sera, che
poteva e doveva essere informativo, chiaro e rassicurante, nel suo contrario.
Conte ha trasmesso nervosismo, e ha rappresentato, in maniera plastica, il suo
auto-isolamento istituzionale, politico e parlamentare. Ha rappresentato
chiaramente la frattura esistente non tanto sul piano politico, ma su quello
dei rapporti tra i diversi organismi centrali e periferici dello Stato.
Frattura tra governo e parlamento confermate dal ricorso alla fiducia per
provvedimenti epocali, tra governo e parti sociali, tra lo Stato ed un paese
reale, anzi una comunità-Paese che sta dando non tanto grazie, ma nonostante le
inadeguatezze istituzionali (perdonabili e giustificabili solo per rispetto non
solo delle istituzioni stesse ma del ruolo di un uomo che la storia ed il destino
ha voluto a sostenere un peso enorme, al comando della nave nella burrasca più
devastante del dopoguerra), che indeboliscono, anziché rafforzare, l’immagine
dell’Italia agli occhi dell’Europa e del mondo. Soprattutto di quella parte di
europa (e se parliamo di una inesistente europa politica la lettera minuscola è
voluta), che evidentemente spera in un crollo dell’Italia e nel suo definitivo
commissariamento.
L’immagine nuovamente emersa a livello istituzionale è quella confusa, senza
punti di riferimento data nei giorni scorsi. La confusione emersa nei giorni
scorsi nelle invasioni di campo reciproche tra ruoli politici, istituzionali,
tecnici, scientifici, di protezione civile, ognuno a briglia sciolte non solo
nella gestione ma anche nella comunicazione dell’emergenza al Paese, ha avuto
nell’ennesimo tentativo di Conte di riportare ordine ponendosi come uomo forte,
la sua conferma.
Con il peso ed il carico dato ai propri messaggi all’Italia e l’utilizzo che di
questi ne è stato fatto in chiave personale e politica, Conte ha mostrato,
l’entità di questa frattura, l’arroganza di un potere forzatamente e
pericolosamente voluto in questa fase senza bilanciamento parlamentare, e ha
perpetrato l’utilizzo svilente di prerogative istituzionali e di governo
eccezionali. Ieri sera miseramente piegate a livello di comizio politico.
Conte, ieri sera, non ha svilito i suoi avversari politici, ma se stesso, il
suo ruolo istituzionale e di governo che oggi, che piaccia o no, è anche quello
dell’Italia nello scacchiere europeo. L’attacco politico a Salvini e Meloni,
che poteva essere relegato in una battuta da TG, in quella sede ed in quelle
forme che oggi tanto rallegrano la sinistra, ha rappresentato un segno di
grande debolezza capace di indebolire, a sua volta, proprio perché in quella
sede, l’immagine dell’Italia. Ripetendo ieri sera questo gioco, che gioco non
è, Conte ha tirato la corda, forse anche con i grandi media, stufi di essere
sviliti nel loro lavoro di accettazione passiva di prassi comunicative che non
si perdonerebbero nemmeno ad un sindaco di un paesello, e la corda questa
volta, si è rotta.
Da La Pressa