L’Italia allo stato attuale è un paese tecnicamente fallito: quando le strutture istituzionali di una nazione non sono più in grado di far fronte al pagamento dei propri debiti verso i fornitori o alle ditte che prestano loro servizi, a casa mia si definisce fallimento.
62 sono i miliardi di Euro che le Pubbliche Amministrazioni non hanno scucito alle imprese a cui li dovevano, ed è una delle cause principali dell’aumento progressivo di suicidi a cui vanno incontro tanti piccoli o medi imprenditori in questi ultimi mesi.Questo vale anche per i rimborsi Iva che rimangono scoperti per il 2011 di circa 5 miliardi. La coincidenza con i 60 miliardi di costo che incidono annualmente sul paese(più di una manovra fiscale lacrime e sangue, per intenderci) e che vengono difesi strenuamente, causati dalla corruzione del sistema politico-industriale, aumenta la rabbia di chi subisce questo torto da regime totalitario.
Le misure allo studio per fronteggiare la dinamica perversa dei mancati pagamenti delle Pa prevede l’anticipo di una parte della cifra dovuta dal sistema bancario che elargirebbe il denaro alle imprese creditrici. In pratica lo stato non si sottopone a revisione comportamentale, ma semplicemente obbliga a chi detiene il nostro risparmio a pagare una terza persona, a cui deve i soldi.
Non so voi ,ma personalmente lo trovo un ulteriore sopruso da fascismo parlamentare. Se fossimo in regime liberale, cioè di libera concorrenza, una qualsiasi banca tratterebbe lo Stato come un qualsiasi creditore di scarsissima affidabilità da rientro e di conseguenza non gli assegnerebbe alcun fido, ma non siamo in tale condizione. Stato e banche in Europa sono una cosa unica, come da sempre, dimostrato dal fatto che chi governa una banca, non di rado lo troviamo successivamente a ricoprire incarichi istituzionali. Fin qui tutto bene, il problema è che anche le banche non sono messe benissimo( in Italia come nel resto delle economie occidentali) perché hanno una patrimonializzazione sotto il 10% dei loro investimenti, la cui qualità è in maggior parte seriamente a rischio.Come se la mia ditta avesse una capitalizzazione potenziale al 10% rispetto ad un rischio insolvenza.
L’Italia può e deve uscire da questa situazione. Finalmente qualcuno ai vertici del Governo (Bondi-Giarda) inizia a snocciolare cifre ed indicare sottovoce dove si annida il marcio nel Bel paese. Lo strumento che può fare la differenza si chiama CONSIP e cioè l’organo statale concepito per l’acquisto centralizzato di beni e servizi, facente capo al Ministero delle Finanze e alla Corte dei Conti, che semplifica e coadiuva, attraverso servizi informatici, il funzionamento e l’organizzazione delle Pubbliche Amministrazioni, oltre che fornire informazioni progettuali e procedurali (gare d’appalto) dai singoli ministeri alle loro appendici periferiche di Regione, Provincia e Comune e agli enti territoriali, come le Asl. Da ciò si evince facile che la Consip rappresenta un felice meccanismo di controllo, un valido antidoto contro l’opacità della spesa pubblica.
Come sottolineano sia l’economista Oscar Giannino dai microfoni di Radio 24, che il Sole 24 Ore, interi comparti della spesa pubblica sfuggono dal controllo della Consip come ad esempio il Ministero della Sanità o della Giustizia, sicchè dei 136 miliardi totali che potrebbero essere gestiti in modo efficiente e limpido, soltanto 29( il 21%) sono sotto l’egida del Ministero delle Finanze. In questa differenza di numeri abitano spreco, corruzione e commistione tra pubblico e privato, tra amministratori pubblici e manager privati che creano disavanzo, debito pubblico e che la maggior parte dei cittadini sono chiamati a tamponare in una situazione economica ormai insostenibile.
Detto ciò, rimarrei stupito che Bondi venisse lasciato lavorare per molto.
Non verrà attaccato direttamente il risanatore di Parmalat, ma sarà Monti a farne le spese, perché se una cosa sanno fare alla corte di Versailles, è attaccare la persona giusta al momento giusto.
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