Comunque finisca la battaglia in Ucraina la Russia ha perso la guerra

Purtroppo ci si abitua a tutto, anche a convivere indifferenti con il mattatoio che ogni giorno insanguina la terra ucraina, ad ascoltare pacifisti che invocano una generica pace, per nascondere il desiderio di essere lasciati in pace, senza neppure avere il pudore di denunciare la guerra terroristica che la Russia sta conducendo contro le città e i civili in Ucraina. Si vedono marce della pace come quella di Assisi, ma non se ne vedono contro la brutale invasione della Russia. E’ un insieme di anti-americanismo, nascosto filo-sovietismo e voglia di tornare a fare affari, quello che spinge sempre più italiani a dire che l’Ucraina si deve accontentare, in una parola che si deve arrendere. Perfino gli esaltatori della Resistenza negano il diritto all’Ucraina di difendersi dall’aggressione di uno Stato autoritario contro una democrazia, per quanto perfettibile.  Una cosa è però certa: comunque finisca la battaglia ucraina, la Russia sta perdendo la guerra.  I tre obiettivi principali dell’invasione: conquistare Kiev, dividere l’Europa e contenere la Nato, sono falliti. I suoi alleati si stanno allontanando, la Bielorussia, sempre più in difficoltà, ha negato le sue basi per l’offensiva invernale, la Moldavia si sta ritirando dall’alleanza con la Russia e un altro fedele alleato, l’Armenia, si sta rivolgendo alle potenze occidentali e l’Azerbaijan è sempre di più nell’orbita turca. Non che ad oriente le cose vadano meglio; il vertice delle cinque repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan e Turkmenistan) a Xi’an indica che la Cina vede la possibilità di entrare nella regione, ora che la Russia sta perdendo la sua presa.

Il 19 maggio il Presidente cinese Xi Jinping ha presentato una proposta ampia e ambiziosa per aiutare l’Asia centrale priva di sbocchi sul mare, a svilupparsi – dalla costruzione di reti infrastrutturali all’incremento del commercio – evitando “interferenze esterne”.

Non è chiaro se solo gli Stati Uniti debbano essere considerati “interferenze esterne” o se il concetto in futuro possa estendersi anche all’aggressiva politica interventista russa che nel gennaio 2022, poco prima dell’invasione dell’Ucraina, ha sostenuto un colpo di Stato in Kazakistan. E’ per ora solo una prima mossa, i governanti di quelle repubbliche sono desiderosi di agganciarsi al motore economico cinese e di collegarsi ai suoi porti orientali, senza rinunciare ai rapporti con le democrazie capitaliste, con cui la Russia è in guerra. Ciò nonostante la diffidenza delle popolazioni locali, per lo più turcofone, nei confronti della Cina, anche per la diffusa repressione degli uiguri nello Xinjiang. A questo si aggiunge il fatto che la Russia, per la prima volta, concede ai cinesi l’uso del porto di Vladivostok.

Si tratta di una svolta per le province nord-occidentali di Jilin e Heilongjiang, prive di sbocchi sul mare. L’accordo espone Vladivostok a un assorbimento di fatto da parte della Cina. Infatti la città russa conta solo 600.000 abitanti, rispetto ai circa 100 milioni di cinesi che spingono sul confine.  L’apertura di Vladivostok potrebbe cambiare l’economia della regione, diminuendo l’influenza politica di Mosca. La Russia lo fa perché ha bisogno dell’aiuto dei cinesi per sopravvivere alla guerra, ma qualunque cosa accada alla Russia in futuro, una volta che Vladivostok sarà collegata all’economia cinese, sarà difficile tornare indietro.

In sintesi, la Russia sta perdendo l’Oriente, dopo aver perso l’Occidente. Vladimir Putin, rifiutando il capitalismo occidentale, per paura che trascinasse con sè, la corrosione della dittatura, non potendo tornare al fallimentare modello socialista, si è rifatto all’epoca zarista. C’è un nuovo zar, Putin, un legame ottocentesco con la Chiesa ortodossa russa guidata dal Patriarca Kirill, una corte di nuovi oligarchi che monopolizzano l’industria e le risorse e una narrazione che implica il ritorno ai confini zaristi, per compensare l’esclusione del popolo dall’enorme accumulo di ricchezza della corte, mentre la classe media sta velocemente abbandonando il Paese rendendolo ancora più povero  arretrato.

  Più lunga sarà la guerra, più la Russia di Putin rischierà di esplodere e allora il mondo tornerà bipolare, ma non per questo più tranquillo.

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