Passate le elezioni amministrative, ratificate le loro elezioni, il sindaco di Reggio Emilia, Vecchi, e la Presidente del Consiglio comunale, sono scomparsi, o meglio sono stati riconosciuti ai dibattiti della ritrovata festa dell’Unità e con essi è scomparso il Consiglio comunale, mai più convocato da giugno fino al nove settembre. Altro che ferie dei magistrati! Ora, dopo un periodo così intenso di approfondimento e studio dei problemi, ti aspetti, in puro stile renzista, a cui anche chi non condivide si adegua, una riforma al giorno, o almeno una prima delibera, invece no. Il consiglio comunale dibatte sul registro delle unioni gay, meglio sarebbe dire il registro dei gay sposati all’estero, visto che in Italia ciò non è possibile. L’opposizione vota contro, eccetto i grillini, un po’ per schema politico, un po’ per convinzione, il Pd vota a favore ( la mozione era di Sel), l’ala cattolica militante, quella che chiede i voti nelle parrocchie e tra il volontariato, si astiene. Insomma, un sano esercizio di cerchiobottismo e di realismo, se non puoi dare niente di concreto, cavalca la tigre dei diritti civili, come a Bologna, che poi fino a che non sono votati dal Parlamento, sarebbero aspirazioni, solo dopo diventano diritti. Vecchi si dice sicuro che a Costituzione vigente, il matrimonio tra omosessuali dovrebbe essere consentito. Vuol dire che sarà uno dei tanti articoli disattesi, come il diritto al lavoro, appunto quello su cui la Costituzione si fonda. Che questo tema vada affrontato è fuori discussione, ma non nel consiglio comunale. Mi ricorda un po’ i tempi dei comuni denuclearizzati, o di quelli in pace, come se ce ne fossero di quelli che vogliono la guerra, anche se poi il nostro Paese in guerra c’è stato e c’è ancora, si chiamano missioni di pace, appunto, altro disatteso articolo della Costituzione. Ci vorrebbe una bella mozione contro Renzi che arma i curdi e un duro documento di condanna di D’Alema e Berlusconi, che hanno bombardato serbi e libici. Ora, risolto il problema più sentito dai reggiani, ci auguriamo che consiglio e giunta passino alle “bagatelle” come il lavoro, la sicurezza, i tagli alla burocrazia, i servizi sociali. Cerchiamo di essere comunali, per evitare di sembrare troppo provinciali.
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Un nome è un destino e devi tenervi fede. Dopo aver provato a metterti in luce come giovane pioniere, facendo circolare sulla rete le tue foto con i boss del partito, come certi ristoratori romani con le star, arriva il tuo momento: primo degli eletti e capogruppo del PD del Comune di Reggio Emilia, in tempi di giovanilismo imperante e Capelli giovane lo è. Da capogruppo partì la Spaggiari, per diventare la Zarina, da capogruppo è partito Vecchi, il nuovo Sindaco. Conquistata quella posizione, il futuro è in discesa con buona pace degli scalpitanti assessoriTutino e company. Con quel nome, un bel cappello bianco, in stile panama, Avana prima di Fidel, non passi inosservato, un po’ come Clint con il sigaro e la Lopez per il lato B. Arrivato lì, il nostro capogruppo si è sentito un Renzi e ha iniziato a concordare le cose col capogruppo di Forza Italia, Pagliani, che si crede Verdini e per l’elezione del Presidente della Commissione di garanzia che spetta all’opposizione, hanno candidato uno della destra che aveva tre voti, contro la candidata civica, sostenuta da grillini e Lega, che di voti ne aveva otto. Il bon ton avrebbe richiesto che il Pd si astenesse, ma in politica ci sta pure che la maggioranza cerchi di scegliersi l’opposizione, meglio se innocua o compiacente. La cosa però è finita male, visto che il Pd si è diviso e molti non hanno seguito le indicazioni del capogruppo, magari perché distratti durante il suo discorso. Forse le cose sarebbero andate meglio se Capelli, ricordandosi di Krusciov, avesse battuto la scarpa sul tavolo. Ci sarà tempo per il duo Renzini-Verdini di rifarsi, magari riscrivendo il regolamento comunale. Per ora sotto il cappello non ci sono idee vincenti e il nostro capogruppo è ancora troppo giovane per fare il miracolo di resuscitare Forza Italia.
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