L’Italia non è una repubblica, è un biliardo. Le decisioni sono le palle e i politici le sponde. Noi siamo il panno verde. Pensateci bene. Se succede qualcosa (come a biliardo quando viene colpita una palla) quando arriva il momento della decisione, questa viene demandata ad un altro, che poi ri-demanda e così via finché la palla non si ferma (ovvero finché tutti si scordano di cosa è successo). Questa metafora mi è venuta in mente con la storia degli scioperi nei siti d’arte. È chiaro a tutti che in un paese ormai deindustrializzato come il nostro, la sola speranza è legata al food d’eccellenza e al turismo. Visto che abbiamo un patrimonio artistico sconfinato, sembrerebbe normale fare in modo che gli stranieri non solo ne fossero attratti (questo già capita), ma che fossero coccolati, incoraggiati, agevolati in mille modi. La realtà è che invece Pompei cade a pezzi, come mille altri siti, soldi ci sono solo per le finali degli US Open, per gli aerei presidenziali o per i bidoni volanti (F35 e lo dico perché ho letto le recensioni della stampa specializzata). Beh, si dice, abbiamo troppi beni da manutenere. Allora puntiamo sulla qualificazione degli addetti alle visite: bi-tri lingue, preparati, gentili. Anche qui andiamo malino: l’unica cosa che sanno fare bene è scioperare quando le code degli stranieri sono lunghe. E lo fanno ormai da anni. Ma devono essere una razza protetta, in via di estinzione, perché sono gli unici che non subiscono nessuna conseguenza. Ora pare che il ministro competente(?!) Franceschini voglia metterci una pezza e dichiarare quel servizio di pubblica utilità e quindi precettare d’ufficio. Perfetto: avremo certificati di malattia a pacchi (a proposito, sindaco Marino, che fine hanno fatto tutte le chiacchiere sui vigili “malati” a Capodanno?). La ragione suggerirebbe: se hanno la qualifica e la preparazione adatta, ok, sennò corsi obbligatori con esami finali veri e chi è bocciato, va a spazzare i bagni. Questo con la supervisione dei sindacati, che se ne assumono la responsabilità e se le cose non funzionano, pagano loro i corsi e le disfunzioni. Invece la musica è un’altra. I “poveri” dipendenti, per i sindacati sono le vittime, non i turisti incazzati, che civilmente non sfondano neppure i cancelli (io lo farei) e si rassegnano a non entrare. Non torneranno più, forse, e forse parleranno delle loro esperienze con altri, che cercheranno altre mete. Guardatevi le statistiche egli ingressi nei musei del mondo e capirete. Andate nei musei del mondo e capirete ancora meglio, soprattutto se vi rivolgerete al personale dipendente. Qui no, è tutto solo un grande enorme casino, come quando a 125 (biliardo) si “spacca” (colpo iniziale). E noi siamo come i panni di vecchi biliardi polverosi, consunti e ormai pronti per essere buttati via.