Pier Luigi Bersani è come un pugile allo stremo delle forze e privo di lucidità, che continua a voler stare al centro del ring politico, nonostante i numerosi colpi che gli sono stati portati al tronco ed al mento.
Bersani continua a saltellare, con le sue gambe esili, e a collezionare, mese dopo mese, una serie di sconfitte politiche che avrebbero piegato le ginocchia del miglior peso massimo.
E’ l’erede della vecchia tradizione politica che risale al Pci, ma dal suo passato non è riuscito a trarre i dovuti insegnamenti, ne’ ad ereditare le visioni strategiche. Allenatore politico di Bersani è stato Massimo D’Alema, che però risulta essere più abile nelle manovre fuori dal ring che nelle competizioni corpo a corpo e che, oltretutto, gode di un consenso molto modesto fra gli elettori della sinistra.
Bersani naviga a vista, cercando di mantenere il controllo di una nave, il Pd, sempre più diviso al suo interno e sempre meno disponibile ad accettarlo come capitano. Le sue sconfitte, in occasione delle primarie svoltesi in varie parti d’Italia, sono memorabili: in nessun caso un candidato del Pd è risultato vincente e nonostante ciò, Bersani ha continuato a boxare come se niente fosse. E’ un uomo di confine: nato a Bettola, in provincia di Piacenza, terra fra l’Emilia e la Lombardia, da queste terre non ha però ereditato i caratteri migliori dei suoi abitanti; non ha ereditato il sano pragmatismo degli emiliani, ne’ il senso di concretezza dei lombardi
Bersani, già “appesantito” dal caso Penati, non ha saputo reagire con adeguata fermezza al caso Lusi, legato all’uso, a dir poco disinvolto, dei rimborsi elettorali pubblici; una mancata reazione che ha contribuito a ridurre, semmai fosse stato possibile, la credibilità del Pd e la fiducia nella sua integrità morale. Bersani, appoggiando il Governo Monti, ha contribuito ad annacquare ulteriormente l’identità politica del Pd, come partito di sinistra, avvallando la più radicale e feroce riforma del sistema previdenziale dal dopoguerra in poi.
Non contento, a distanza di sessantasei anni dal famoso discorso di Togliatti tenuto a Reggio Emilia nel 1946 dal titolo “Ceto medio ed Emilia rossa”, è riuscito a compiere un altro miracolo negativo: quello di inimicarsi i ceti medi, a seguito dell’approvazione della legge sull’Imu e delle varie normative annesse e connesse.
Persino giocando in casa, in Emilia, è riuscito, dopo il grave sisma che ha colpito quel territorio, a farsi umiliare da quel finanziamento di cinquanta milioni di Euro stanziati dal Governo Monti, a fronte di danni di almeno cento volte superiori. A Parma, alle ultime elezioni amministrative, ha perso un incontro già vinto in partenza, visto il suicidio politico del Pdl e della Lega Nord, finendo indecorosamente al tappeto, dopo una campagna elettorale condotta, non dai politici del Pd, ma dai loro amici comici. Bersani, all’interno del Pd, si è fatto mettere all’angolo persino dagli ex democristiani, meno robusti sul piano politico, ma più agili e abili nelle manovre di sfiancamento.
Rimane in Bersani la convinzione che, finito il Governo dei tecnici, alle prossime elezioni politiche del 2013, possa presentarsi per lui l’occasione di candidarsi come leader della coalizione di centro-sinistra e quindi come nuovo presidente del Consiglio, ma si illude: contro di lui si è già aperto il fuoco di sbarramento interno dei “rottamatori”, mentre i cosiddetti alleati del patto di Vasto si stanno preparando, dopo Palermo, al colpo finale.
Meglio sarebbe che gli uomini del suo angolo di ring si decidessero a gettare la spugna. Bersani dovrebbe rendersi conto che la sua stagione politica è finita e pensare solo a gustarsi la sua meritata pensione, magari accompagnando i nipotini ai giardini pubblici.
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