Chiuso nella villa di Arcore, come Mussolini al Gran Sasso, Berlusconi rimugina i suoi pensieri, mescola un mazzo di carte fatto di rancori, amarezze, tradimenti e poca politica, circondato e frastornato da falchi e colombe che non possono dissentire ma solo approvare, la distinzione fra loro è quindi di toni e non certo di sostanza.
L’ora della fine si avvicina e la scelta è se arrendersi a Napolitano, Re d’Italia o combattere l’ultima disperata battaglia elettorale, facendo cadere il governo.
Scelte entrambe difficili, la resa sarebbe senza condizioni e un minuto dopo, falchi e colombe prenderebbero il volo verso altri lidi.
La resa elettorale rischia di essere inutile, con questa legge Berlusconi non può vincere in entrambe le Camere e il rischio che il Pd si affidi a Renzi, rende ancor più difficile la vittoria ed il Pd, proprio per l’antico riflesso antiberlusconiano si affiderà al sindaco di Firenze, come per Prodi i problemi verranno spostati a dopo.
Considerato che l’Italia è nel caos, la scelta più giusta è quella elettorale, una robusta opposizione in questo quadro fragile conta molto di più di un debole partito di governo.
Le guerre “civili” si sa dove iniziano, ma non come finiscono e normalmente si fanno pochi prigionieri.
Silvio deve scegliere, sapendo che il sentiero della vittoria è stretto e che in caso di sconfitta non lo aspetta una “bella morte”, anche se arrivati a questo punto, forse gli converrebbe andare a vedere.
Dicono che le elezioni non servono al Paese. E’ falso!
Ciò che non serve è la paralisi di questa maggioranza.
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