Viviamo tempi difficilissimi, ma interessanti. Il governo Draghi ha prodotto ciò che nessuno si aspettava: un terremoto che ha finito con il trasformare e cambiare tutte le forze politiche. La prima svolta ha riguardato la Lega, che da euroscettica è entrata entusiasticamente nel governo guidato da uno dei leader più europeisti del Continente, sebbene sotto la spinta dei suoi elettori, soprattutto del Nord, un cambiamento che ha bisogno di tempo per convincere. Per ora è impegnata con Giorgetti a rappresentare gli interessi dei suoi elettori e con Salvini ad arginare l’avanzata di Giorgia Meloni, un gioco che non potrà durare a lungo, ma che non prevede in nessun modo di disturbare il manovratore. Il Movimento Cinque Stelle è esploso come una nova, tra scissioni, espulsioni e cambio di leader. Al netto della favola bella della democrazia diretta, ha deciso Beppe Grillo in solitudine, prima l’ingresso nel governo Draghi, dopo una brevissima stagione al grido di Conte o morte, poi cancellando il direttorio per mettere il medesimo Conte alla guida del Movimento, senza sapere quale sarà la linea. Insomma, l’intendenza seguirà e la democrazia diretta approverà. Il Pd si è ritrovato acefalo e come sempre diviso: dei suoi tre ministri, due, Franceschini e Guerini rispondevano a Mattarella più che a Zingaretti, che si è dimesso dicendo di provare vergogna per il partito che dirigeva, in realtà perché la sua linea di un accordo strategico coi 5 Stelle non piaceva alla maggioranza del partito, visto che segnava l’abbandono della vocazione maggioritaria e riformista per andare verso un populismo di sinistra, per di più con un ruolo subalterno. Con il nuovo segretario Enrico Letta, un fan di Draghi, nonché erede della tradizione democristiana, si cambia di nuovo. Forza Italia, divisa tra l’anima di Mara Carfagna e Toti e il gruppo filo-Lega, ha solo da guadagnare dal protrarsi dell’esperienza Draghi, senza la quale perderebbe ruolo e unità, mentre l’area di Renzi, Calenda e Bonino, non solo ha voluto fortemente Draghi, ma ha bisogno di tempo per trovare unità e consensi, mentre Liberi e Uguali ha salvato Speranza, ma non la sua unità. Questa, diciamo, sospensione è utile perché tutte le forze politiche riflettano su come va cambiando un mondo in cui la globalizzazione si è intrecciata con l’esplosione digitale e l’automazione, il cui portato è quello di immaginare un mondo senza confini, in cui i grandi gruppi economici prevalgono sugli Stati, dove le catene di produzione sono dislocate attraverso i continenti, rendendo ogni Stato interconnesso e dipendente dagli altri. La globalizzazione crea poteri senza sovranità, i big player digitali possono decidere chi ha diritto di parola sui social media, modellare i comportamenti collettivi, promuovere le idee preferite. Questi processi, indebolendo i poteri degli Stati sovrani, depotenziano i partiti e subordinano la politica all’economia e alla finanza.
A seguito della globalizzazione, abbiamo avuto la spettacolare crescita della Cina e degli altri paesi sud-orientali, il mondo nel suo insieme sta meglio, la vita media è cresciuta ovunque, la mortalità infantile è diminuita. Il Covid ha rallentato il processo, ma non lo ha interrotto. L’Italia purtroppo è in ritardo rispetto ai trend che guideranno il mondo, come l’innovazione tecnologica, il cambiamento climatico e l’immigrazione, noi esportiamo competenze e importiamo forza lavoro spesso dequalificata, pur essendo in grande ritardo nel formare nuove professionalità. Il governo Draghi può essere l’occasione per tutte le forze politiche di guardare avanti senza paura, iniziando a rimuovere gli ostacoli che impediscono la nascita di nuove imprese, la mobilità sociale, l’ascesa di nuove classi dirigenti e la meritocrazia. Il populismo parla alla sofferenza vera delle persone, dà voce alle diseguaglianze che crescono, ma la risposta non sono i redditi di cittadinanza, che trasformano la diseguaglianza in dipendenza, ma il lavoro e gli investimenti, cioè la creazione di nuove opportunità. Quando si impedisce la crescita con una ipertrofia burocratica, che crea una élite conservatrice e di casta, mentre si uccide la borghesia più intraprendente e attrezzata ad affrontare la globalizzazione, si cristallizza la mobilità sociale. I problemi sono infiniti, ma la situazione richiede coraggio al premier Draghi e a tutti i partiti. Al primo il coraggio di osare, ai secondi quello di rifondarsi, di avere nuove idee all’altezza delle sfide. Serve il coraggio di andare avanti senza paura, altrimenti avremo tempi ancora più bui e le discese sono sempre molto più veloci delle salite.
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