Per quanto uno possa non essere un fan di Giorgia Meloni, bisogna prendere atto di alcune cose: la prima che Giorgia si muove bene, studia le situazioni e agisce con intelligenza, prova ne sia che ha sacrificato un po’ di seggi per tenere unita la coalizione e vorrebbe allargarla anche al gruppo di Toti, nonostante le resistenze di Salvini e Tajani. Capisce che vincere non sarà facile e che nelle battaglie importanti non si butta via niente. La seconda è che ha chiaro che un conto sono i gruppi parlamentari, in cui puoi premiare la lealtà e il radicamento territoriale, un conto è il governo in cui devi dispiegare reputazioni e competenze. La terza è che il programma deve essere realistico: con il quadro che si prospetta. demagogie e libro dei sogni rischiano di avere vita breve. Questa scelta potrebbe penalizzarla a livello di consenso rispetto a Salvini e Berlusconi, già partiti forte con le promesse, ma la trasformerebbe nel leader del centrodestra con la maggior reputazione a livello nazionale e internazionale, un risultato non scontato se si considera da dove proviene. E’ ovvio che tutto questo spaventi il centrosinistra in cui è ripartita la solita campagna sulla inaffidabilità della Meloni e di tutto il centrodestra, dimenticando che ancora adesso sono al governo con la Lega e Forza Italia. Questa demonizzazione a corrente alternata, questo doppiopesismo, questo razzismo verso chi non vota a sinistra, sono cose indecorose ma normali. Molto meno normale è che ci si appresti a formare un’alleanza da Azione a Fratoianni, definita dai protagonisti stessi “tecnica”, cioè senza una base programmatica, ma utile solo a vincere le elezioni. Si tratta di una truffa ai danni degli elettori. Il centro destra si propone di governare assieme e indica, di fatto, una leader, se farà bene o male lo vedremo dopo. Vorremmo solo ricordare ai maestrini del pensiero che nell’ultimo decennio il Pd è quasi sempre stato al governo, spesso con pezzi di Forza Italia e il centrodestra unito mai. Mentre il centrosinistra si propone solo di vincere, senza un programma comune, ad esempio tra Calenda e Fratoianni, il primo contrario alla patrimoniale, il secondo ultra favorevole. Per quanto riguarda la leadership, si agita il nome di Draghi, non disponibile, sotto cui bollono i desideri di Letta e Calenda, entrambi già stati al governo, il primo anche ai tempi del Partito Popolare. Non solo il programma non è comune, ma pure l’insieme è fantasioso, mescolando personaggi che si sono brutalmente scontrati, Renzi con Letta, Di Maio col partito di Bibbiano, Calenda un po’ con tutti. Quest’ultimo per coerenza dopo aver accolto la Gelmini e la Carfagna da Forza Italia, avrebbe dovuto correre da solo, ma si sa, chi va a sinistra diventa statista di default, subito dimenticati gli insulti alle due ministre da parte della sinistra, le parole di Sabina Guzzanti sulla Carfagna. Però non so chi perda più la faccia tra la sinistra e le due ministre, che peraltro hanno operato bene anche nell’attuale governo. Insomma, saremo chiamati a scegliere tra l’incognita di Giorgia Meloni e l’insieme di chi grida: aiuto arriva la Meloni, arriva il fascismo, scappi chi può, come la Pascale che chiederà asilo politico all’estero coi soldi di Berlusconi. Non so cosa ci riserverà la Meloni e qualche preoccupazione sulla linea di politica estera e di politica economica è legittima, ma di certo sappiamo che la coalizione che la avversa, intende governare con uno schieramento diverso da quello con cui chiede il voto. Ma a sinistra si può essere ridicoli, senza pagare dazio.
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