A proposito del nuovo corso del PD

Il neosegretario del Pd, Nicola Zingaretti insiste spesso sul fatto che bisogna riconquistare i voti persi a favore del Movimento Cinque Stelle e pure l’elettorato popolare, che ha lasciato la sinistra per andare a destra. Mai intento fu più encomiabile: in fondo la rinascita del maggior partito di opposizione è un bene per la nostra fragile democrazia, ma oggi il Pd viene visto come il vecchio e il ritorno in scena di personaggi già dirigenti Dc, come il tesoriere Zanda e il sempreverde Franceschini, lo confermano. Poi il nostro sembra avere un’ allergia al rinnovamento, non si pretende una rottamazione, ma l’idea di portare Orlando alla guida dei deputati, al posto di Delrio, suona stonata. Andrea Orlando, non ha perso solo tutti i congressi, ma pure la sua regione, la Liguria e la sua città, La Spezia. Se vuoi tornare a vincere, non è un gran testimonial, pur se la parabola ascendente di Delrio sembra essersi interrotta, dopo che al congresso nella sua città ,Reggio Emilia, il suo candidato Martina ha preso solo il 17% dei voti, superando di poco il battitore libero Giachetti. C’è poi il problema del posizionamento politico sociale. Il Pd, partito teoricamente di sinistra, ormai vince solo nei quartieri benestanti delle città, è diventato il partito di banchieri, industriali e notai, mentre ha perso gli operai verso la Lega e la piccola borghesia verso i 5 Stelle, settori che hanno pagato più duramente la crisi del 2008, con una sostanziale perdita di lavoro e potere di acquisto dei salari. A Reggio Emilia, città fortemente industriale, il candidato del Pd è sempre fotografato con industriali, circoli rotariani, banchieri ed ex berlusconiani. Vi è poi stata la scelta di difesa dei diritti civili, specie di quelli dell’area dei genitali, chiariamoci, legittima per un partito democratico in stile liberal, nel mentre che si toglievano tutele sociali, col job acts o i cittadini perdevano diritti francamente più sentiti, come il lavoro, la sanità, sempre più a pagamento, ecc… Infine il grande tema dell’immigrazione. Il Pd attacca la politica di Salvini, che è in continuità con quella di Minniti, ma osteggiata da molti come Delrio, non ha una linea sul tema, sposa le tesi del Papa, ma non ha il coraggio di affermare che i migranti debbono essere tutti accolti, insomma, ricorda sul tema la mitica politica veltroniana del ma anche. A questo si lega il tema della sicurezza, hanno un bel scrivere e dire che i reati sono diminuiti, sarà pure vero, ma la gente comune legge poco “il Corriere” e molto la cronaca dei giornali locali, dove i gli immigrati si mettono in luce per decine di reati piccoli e grandi, vallo a spiegare che è solo una percezione. Poi che Salvini sfrutti il vento è vero, ma il vento c’è già. Anche perché le cooperative sociali che gestiscono i migranti, li piazzano sempre nei quartieri più sofferenti e poi hai un bel dire che non bisogna alimentare la guerra tra poveri. Un pensionato a 500 euro fatica a combinare il pranzo con la cena e vedere che l’ultimo arrivato li ha garantiti, magari stazionando a chiedere l’elemosina davanti al solito bar, lo fa un po’ arrabbiare. Certo nei quartieri bene dove conoscono di immigrati solo i loro domestici filippini, il tema dell’integrazione “sfonda”, ma lì vivono appunto industriali, banchieri e notai. Zingaretti deve modificare la linea che ha visto il Pd, come partito del rigore, comprimere i diritti sociali, per compiacere Confindustria e compensare coi diritti civili, la gente ha problemi più concreti e urgenti e negli ultimi dieci anni la globalizzazione del turbo- capitalismo ha portato anche ad un mutamento antropologico Non sono sparite le lucciole pasoliniane. È ormai saltato il modo di stare insieme, sono cambiati i meccanismi, anche umani, che regolano il vivere civile e per declinarli in modo diverso dalla destra, bisogna prima capirli.

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