Fino a 10 mila esuberi: secondo Bloomberg a tanto sta pensando Unicredit per raggiungere un obiettivo di riduzione dei costi operativi al 10%. Piazza Gae Aulenti, stando a quanto ha riportato l’agenzia americana citando persone vicino al dossier, sta considerando l’opzione nell’ambito del nuovo piano strategico che verrà presentato a dicembre. Sui tagli i numeri sono ancora in fase di revisione e potrebbero essere molto più bassi.
IL PIANO 2019 INDICAVA GIÀ 14 MILA TAGLI
I tagli riguarderanno l‘Italia, dove l’istituto ha il maggior numero di dipendenti, così come altri Paesi dove la banca è presente. Al primo trimestre lo ‘staff’ Unicredit ammontava a 86.232 dipendenti (meno di 60 mila in Italia) con 4.559 sportelli (1.663 nel Centro Est Europa, il resto tra Italia, Germania e Austria). Nel precedente piano, quello in scadenza quest’anno, la banca aveva programmato una riduzione totale netta degli Fts (dipendenti a tempo pieno, ndr) di circa 14mila unità. Nel 2011 anno della maxi svalutazione da 9,6 miliardi (con Ghizzoni a.d) le uscite programmate solo in Italia erano state oltre 5 mila. Il gruppo guidato da Jean Pierre Mustier nelle scorse settimane è uscito definitivamente da Fineco, vendendo sul mercato il restante 18,3% della banca multicanale, dopo averne ceduto due mesi prima e con le stesse modalità il 17% per cento.
ESCLUSA UNA STRATEGIA BASATA SULLA CRESCITA DEI RICAVI
Il ceo che ha indicato recentemente che il nuovo piano sarà basato sulla crescita organica, ha indicato anche l’efficienza come leva fondamentale in un contesto di debole crescita economica e di tassi negativi che si attendono per i prossimi anni in Europa. Secondo Mustier non è credibile una strategia basata sulla crescita dei ricavi. L’obiettivo è muovere più leve e lavorare sia sulla stabilizzazione delle fonti di reddito sia sul controllo dei costi.
SILEONI (FABI): «STAVOLTA SI FA A CAZZOTTI»
Un portavoce del gruppo ha declinato qualsiasi commento. «Messaggio a Jean Pierre Mustier, ceo di Unicredit: se queste indiscrezioni fossero confermate stavolta si fa a cazzotti e se serve useremo altro», è il duro commento di Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato più rappresentativo in ambito bancario. «Se fosse vero sarebbe una vergogna, siamo pronti alla mobilitazione. Manovre di questo tipo sono operazioni di sciacallaggio, tutte a danno del personale, di una banca che pretende di fare affari in Italia senza tener conto del contesto sociale del Paese», ha aggiunto poi in una nota Sileoni.
Da Lettera 43
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