Unicredit: l’aumento è servito

Non c’è due senza tre. Questa di Mustier, Ad di Unicredit è la terza pulizia dei crediti inesigibili e promettono l’ultima, la stessa cosa era stata promessa le volte precedenti, per convincere gli azionisti a mettere mano al portafoglio. Ancora una volta, Unicredit non paga il dividendo e vara un aumento di capitale da 13 miliardi di euro, tolti i 500 milioni di commissioni, una cifra pari alla perdita annunciata, anche se ai fini della solidità patrimoniale occorre tener conto degli 8 miliardi di euro incassati dalla cessione di assets Pioneer, Fineco, in parte, Pekao, manovre che si rifletteranno sugli utili di gestione e di intermediazione. Il contorno è fatto di 3500 licenziamenti e di 1500 nuove assunzioni di giovani molto meno costosi e molto meno garantiti, ma se il sindacato ha firmato, vuol dire che la strada era obbligata. Siamo dunque fuori dalla crisi? Dipende, ceduta la Polonia, l’Ucraina e il Kazachistan, in riduzione in Russia, in difficoltà in Turchia e in Italia, per via della crisi, con costi troppo alti in Austria e Germania, l’internazionalizzazione segna il passo e con essa la differenziazione dei ricavi, di certo Unicredit guadagna poco, rispetto al suo competitor, Intesa. Per quanto riguarda i crediti deteriorati, non sappiamo se siano sotto controllo, se Mustier ne ha rilevati tanti, vuol dire che i bilanci precedenti erano stati fatti tenendo ad incaglio, prestiti già in sofferenza e allora c’è da chiedersi come funzionano i controlli interni ed esterni. Certo la prima linea di managers è stata decimata e questo è un bene, ma un peso nella gestione del credito, temiamo lo abbiano sempre avuto le fondazioni azioniste, impoverite ma non pronte alla resa e soprattutto decise a confermare il solito personale, da Palenzona in avanti. Ci chiediamo se la governance manterrà un presidente che non proviene dal mondo finanziario e quattro vice presidenti, una governance da partito, più che da banca. Speriamo che l’aumento vada in porto, altrimenti la crisi Mps si rivelerà una bazzecola, che ci sia preoccupazione lo si vede dal consorzio di garanzia composto da ben 31 banche, ma come investitori manterremmo una certa prudenza l’Istituto di piazza Gae Aulenti deve ancora dimostrare molte cose, per essere considerato affidabile, ma non può far nulla per la crisi italiana e turca e troverà difficoltà a tagliare i costi dell’area tedesca e la vendita dell’argenteria diminuirà gli utili, in sintesi: esistono investimenti migliori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.