Speriamo nell’Europa

europaAd ogni apparente buona notizia, segue il pessimismo imposto dalla realtà dei fatti, e cioè che i problemi di fondo non vengono affrontati.
In Europa, la buona notizia era, che la BCE aveva “regalato” 489 miliardi di euro alle banche, con l’asta straordinaria chiamata LTRO (Long Term Financing Operation), ad un tasso dell’1% per tre anni.
Il ricorso delle banche italiane ammonta a 116 miliardi di euro e si è utilizzato principalmente, la nuova leva della garanzia statale sulle passività emesse.
Finalmente un’operazione di QE (Quantitative Easing) all’europea, con la BCE che diventa prestatore di ultima istanza.
Questo fiume di liquidità, che si è riversato su oltre 500 banche, blocca il credit crunch (crisi di liquidità) in atto, ma non si è capito se sono soldi che arriveranno ai privati.
Tuttavia se le banche non fanno credito, come faranno a fare business, visto che l’erogazione vale il 60% dei ricavi degli istituti italiani?
La prospettiva non è bella, visto che non rimane che far pagare il servizio, già tra i più cari d’Europa.
Quasi sicuro, le banche non hanno usato questi soldi per comperare obbligazioni perché, poche ore dopo il completamento dell’operazione LTRO, la BCE è dovuta intervenire sul mercato per sostenere i titoli italiani e spagnoli.
E intanto il Pil dell’Europa scende, e quello dell’Italia affonda.
Non è bello, visto che lo stato di salute di un paese si misura anche sul rapporto debito/Pil; per l’Italia è al 120% e deve scendere al 60% come concordato con i partner europei.
Il capo economista dell’Ocse Pier Carlo Padoan ha sottolineato come sia l’assenza della crescita a rendere insostenibile il debito pubblico. “Basterebbe un aumento dello 0,5% del Pil per fare un passo in avanti”.
Se il Pil non cresce, va abbassato il debito; se è stata chiamata “lacrime e sangue” una manovra da 30 miliardi, come la chiamiamo una da 300 miliardi?
Certo, l’economia del paese dipende per il 50% dalla politica, quindi occorre riformare e liberalizzare.
Abbiamo cominciato con le farmacie, no anzi a quelle pensiamo dopo.
Però c’è stata un’apertura sulle licenze dei taxi, ma è slittata per questioni procedurali.
Poi finalmente è sbottato il Ministro al Welfare Elsa Fornero e ha detto che l’articolo 18 va cambiato.
E’ vero che ha smentito, tuttavia c’è ancora spazio per la smentita della smentita.
Tanto più che è da qui, che si deve passare.
Chi non è d’accordo è la segretaria della CGIL Susanna Camusso, che ha dichiarato: “Il capitolo (art. 18) è archiviato. Nel Paese si fa sempre più strada, che il problema non è la flessibilità in uscita, ma ridurre la precarietà e discutere di ammortizzatori”.
Ammortizzatori? E con che soldi, visto che dobbiamo portare il debito/Pil al 60% e siamo al 120% con ben 1900 miliardi di debito solo dello Stato, se non consideriamo il debito degli enti locali.
E poi, il problema dell’Art. 18, è che chi ha il posto è anche troppo garantito, mentre dall’Europa ci chiedono di tutelare chi il lavoro non ce l’ha.

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