Siamo partiti per le vacanze con il falò dei risparmi ed al ritorno l’incendio divampa ancora, nonostante giornate positive. Complice il mercato di agosto, che con i suoi volumi ridotti alimenta il fuoco della speculazione, come il clima secco dell’estate favorisce gli incendi. Nel rogo è finito tutto: azioni ed obbligazioni, fondi e titoli di Stato. Nessun settore è stato risparmiato, anche se le difficoltà del debito degli Stati hanno trascinato nel baratro i titoli bancari, sui quali si è abbattuta anche la tegola, peraltro prevista, di un rallentamento dell’economia. Così i risparmiatori italiani, poco avvezzi ad investire in azioni, ma grandi acquirenti di obbligazioni bancarie, titoli di Stato ed azioni delle banche, si sono trovati al centro dell’incendio. Anche se, come già scritto da altri su questo blog, il vento che lo alimenta è la scarsa o nulla credibilità della nostra classe dirigente nel suo insieme. Certo i politici sono abbastanza “sputtanati”, ma i guai li hanno combinati con la complicità di un sindacato che ancora non si é accorto della globalizzazione ed è fermo ai riti degli anni settanta, mentre con l’eccezione di Marchionne, anche Confindustria ha preferito salvare la concertazione, anziché affrontare il tema di nuove relazioni sindacali. Pure i banchieri sono rimasti al secolo scorso, non solo anagraficamente ed, anziché frequentare i mercati, molti di loro continuano a frequentare le anticamere dei politici e i risultati si vedono. Cosi, mentre il fuoco distrugge i denari, i risparmiatori sono stati lasciati soli, i consulenti bancari si sono liquefatti: chi in ferie, chi malato, chi impegnato, fatto sta che i telefoni hanno suonato a vuoto e le spiegazioni allo sportello volavano alto, parlando di crisi che sembrano originate su Marte e non dal fatto che i portafogli della clientela sono stati imbottiti di obbligazioni bancarie, che oggi nessuno più vuole, mentre gli istituti hanno bisogno di collocarne sempre di più, visto che i prestiti interbancari stanno sparendo ed il mercato internazionale, se non crede all’Italia, ancor meno crede nelle sue banche. Diciamolo chiaro: sarà lunga e dura, i risparmiatori si armino di pazienza ed aspettino le scadenze, almeno per le obbligazioni. Per quanto riguarda le azioni, le regalino ai figli, forse loro avranno il tempo di vederne la ripresa.