Rendimenti attesi bassi, cresce l’appetito al rischio

L’ANALISI: Ecco le spiegazioni che i vostri referenti per gli investimenti, vi daranno per 2013

Meglio forse un giusto mix, perché “un consaltenso unanime lo si paga caro

Dopo un 2012 caratterizzato da rendimenti elevati in molte asset class, difficilmente replicabili quest’anno, il 2013 si è aperto per tutti gli operatori come un’annata all’insegna della ricerca di rendimento. E ciò appare evidente in questi primi 15 giorni di mercati aperti, in cui sta avvenendo in modo alquanto rapido una rotazione importante del portafoglio di molti investitori istituzionali.

Un fenomeno molto evidente sui mercati europei ed in cui si registra la continua sovraperformance delle azioni e dei titoli degli stati periferici, con rendimenti nel caso del FTSE Mib già analoghi a quelli dell’intero 2012. 

COSA ACCADE

Secondo la società di analisi dei flussi finanziari EPFR, nelle ultime settimane si è riversato sul mercato azionario una delle più alte quantità di afflussi di capitali dal settembre 2007 (ovvero dagli albori della crisi subprime) e seppur molti analisti parlano di un “effetto gennaio”, ovvero di quella distorsione che generalmente avviene nella rotazione degli attivi conseguente al ribilanciamento strategico dei portafogli all’inizio di ogni nuovo anno, assistiamo in pratica a nuovi orientamenti d’investimento causati dall’abbondante liquidità immessa nel sistema finanziario unita ad una “repressione” nella politica dei tassi d’interesse attuata congiuntamente dalle principali banche centrali. Una costrizione che sta generando fuoriuscite dagli asset a basso rendimento, come la liquidità e le obbligazioni governative core o da asset ritenuti beni rifugio, come l’oro e negli ultimissimi giorni anche da valute come il franco svizzero, a favore di quegli asset considerati a maggior potenziale di apprezzamento in caso di efficacia di tale ed estrema politica monetarista.

DIFFICILI SCELTE

In un tale ed “artificioso” contesto, ogni risparmiatore dovrà consapevolmente valutare se restare fermo su quegli asset (liquidità ed obbligazioni governative core) con la consapevolezza che i rendimenti di tali strumenti non potranno più garantire ai tassi attuali un’adeguata protezione dall’inflazione, nonché sarà alquanto limitata la possibilità di un ulteriore apprezzamento dei corsi nei Treasury USA, gilt UK, bond giapponesi, bund tedeschi ecc., mentre saranno invece ancor più esposti a forti rischi di ribasso dei prezzi nel caso in cui le politiche monetariste riuscissero realmente a dare forte slancio alla crescita mondiale.

In un tale scenario, i consigli d’investimento appaiono per lo più i seguenti da parte degli asset manager fino a scendere nella filiera del risparmio, al referente diretto del risparmiatore:

PERIFERICI EUROPEI 

Se si confida nel restringimento dei rendimenti, con l’obiettivo di allineamento dell’intera zona EU verso la politica dei rendimenti negativi di USA & UK, sarebbe necessario scommettere ancora sui periferici spagnoli ed italiani, in quanto solo tramite l’abbassamento del loro yield sarà raggiunto anche per l’intera zona EU una situazione similare, in quanto ad oggi già molti paesi core, come la Germania, esprimono tassi negativi. Se ciò accadesse vi sarebbe inoltre la reale possibilità di un cospicuo apprezzamento dei relativi mercati azionari. Il rischio è però che già molto di questo restringimento sia stato fatto e scontato dai mercati in queste settimane, mentre sul tavolo permangono ancora irrisolti alcuni non trascurabili problemi, quali: l’instabilità politica post elezioni per l’Italia ed il reale risanamento del sistema bancario spagnolo.

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H.Y. & EMERGING BOND

Seppur il 2012 sia risultato inaspettatamente il miglio anno dopo il 2009 per molti titoli obbligazionari non sovrani rispetto ai titoli di Stato, appare per molti analisti ancora un trend da cavalcare in quanto vi è la convinzione di una continuazione di tale movimento e questo seppur vi sia l’aspettativa di un leggero aumento nei tassi di insolvenza. Negli scenari di base di molte società l’aspettativa di un ulteriore restringimento dei differenziali di rendimento, rispetto alle obbligazioni governative dei paesi core, dovrebbe continuare ad agevolare il perdurare degli afflussi di capitali, in particolar modo verso le obbligazioni high yield e dei paesi emergenti.

In pratica la “fame” di maggiori tassi ed il continuo afflusso di capitali, molto evidente verso i mercati dei bond emergenti, potrebbe sostenere un ulteriore apprezzamento dei corsi, anche se gli extra-rendimenti dovrebbero risultare molto inferiori a quanto conseguito l’anno scorso.

Se il rischio di default è relativamente “basso” per un portafoglio ben diversificato, il rischio di “liquidabilità” non appare altrettanto modesto, perché le obbligazioni societarie e del credito dei mercati emergenti sono come noto pur sempre molto meno liquide se paragonati a quelle degli stato dei paesi core, perciò un repentino ed inaspettato cambiamento d’umore su tali investimenti potrebbe comportare forti perdite per chi non avesse deciso per una reale strategia buy & hold.

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EQUITY

L’artifizio delle banche centrali ha creato inoltre un profilo di rendimento spesso asimmetrico tra bond ed azioni, in quanto diversi mercati azionari appaiono (sempre rispetto ai titoli di Stato dei paesi core) più attraenti sotto diversi profili di analisi quali P/BV, P/E ecc, a maggior ragione per le azioni capaci di alti dividendi.

Secondo molti analisti, il livello relativamente elevato della redditività del capitale proprio delle azioni a livello globale, pari ad oltre l’11%, ed un dividend yield ancora ben superiore al 2% ed al netto delle ritenute alla fonte, dovrebbero consentire un discreto supporto per l’equity.

I mercati ed i settori con valutazioni molto scontate (ad esempio la Cina nei Mercati Emergenti o i titoli ciclici) sono particolarmente “gettonati” dagli asset manager, così come lo sono i titoli azionari con discreti dividendi, mentre appaiono relativamente “costosi” i settori difensivi (ad esempio consumi di base e sanità).

Tuttavia e come riporta un gestore di una nota casa svizzera, il rendimento globale dei dividendi è però ormai solo di poco inferiore, al rendimento delle obbligazioni societarie statunitensi a lunga scadenza ed a cui Moody’s attribuisce il rating più elevato, motivo per cui per il 2013, è plausibile aspettarsi una crescita degli utili e dei dividendi inferiore alla media degli ultimi anni.

CONCLUSIONE

Al di là però delle valutazioni correnti, il vero “leitmotiv” di questo 2013 sarà nelle migliori ipotesi un susseguirsi di fasi di propensione o avversione al rischio sulla falsariga del 2012 ed in cui l’attento investitore di lungo termine dovrà forse ricercare nei momenti propizi quegli asset che costituiranno i pilastri per una reale protezione contro l’inflazione a medio/lungo termine o nella peggiore delle ipotesi dovrà essere pronto a sacrificare il proprio potere d’acquisto o anche parte del capitale, se il “rischiatutto” delle banche centrali non funzionasse come tutti preventivano. In un tale contesto potrebbe risultare adeguato un portafoglio ripartito sugli estremi, con asset “rifugio” quali oro e materie prime, valute pregiate, strumenti di contenimento della volatilità ed obbligazioni di qualità più o meno brevi ecc., contrapposti ad una quota più dinamica in cui i precedenti asset rischiosi vengano gestiti in modo flessibile ed a livello globale dai migliori gestori d’investimento.

 

L’autore della rubrica – “Risparmio, i conti in tasca” pubblicata su www.lanuovaprimapagina.it , è a cura del nostro consulente RUBENS LIGABUE, professionista certificato EFA – European Financial Advisor, associato SIAT – Società Italiana Analisi Tecnica, iscritto all’Albo Unico Nazionale dei Promotori Finanziari.

Per domande e chiarimenti potete scrivere a: rubens.ligabue@gmail.com

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