Il punto sui mercati

punto-interrogativo-590 L’umore di breve termine dei mercati finanziari (che poi sono fatti di persone) è soprattutto una questione di aspettative e l’ennesima dimostrazione la si è avuta in occasione del meeting della BCE di giovedì scorso.

Nei giorni precedenti alla riunione era cresciuto fortemente lo scetticismo verso la BCE a causa delle crescenti indiscrezioni in merito alle forti divisioni interne al Consiglio della Banca Centrale sugli interventi di politica monetaria non convenzionale. Di fatto, nel meeting di giovedì Draghi non ha annunciato sostanziali novità, ma è stato sufficiente precisare nel comunicato ufficiale che il Consiglio era unanimemente d’accordo nel riportare le dimensioni del bilancio della Banca Centrale ai livelli di inizio 2012 (che di fatto implica un’espansione di circa 1 trilione di euro) affinché gli operatori dessero un’interpretazione dovish alla riunione. Il ragionamento di fondo è che un’espansione di 1 trilione difficilmente può essere realizzata senza ricorre all’acquisto dei governativi e, quindi, le dichiarazioni di Draghi aprirebbero implicitamente la strada ad un Quantitative Easing in stile FED. In realtà sul Quantitative Easing le posizioni all’interno del Consiglio delle BCE restano piuttosto lontane ed una conferma al riguardo la si è avuta dal solito Weidmann che ha dichiarato

che il ritorno del bilancio ai livelli del 2012 deve essere considerato una aspettativa e non un target. Tra l’altro, la reale efficacia dell’azione della BCE dipenderà anche dalla velocità di espansione del bilancio ed a questo proposito Draghi si è limitato ad indicare che gli acquisti di assets dovrebbero abbracciare un periodo di oltre due anni. L’impressione è che in Europa le varie authority (monetarie piuttosto che governative) restino “dietro la curva” ed il timore è che la situazione debba peggiorare ulteriormente per ottenere una accelerazione negli interventi.

Detto questo, ripetendo il ragionamento sulle aspettative, risulta evidente che sul fronte europeo potrebbero crearsi le condizioni per sorprese positive dato che:

– le stime sulla crescita sono ancora state riviste al ribasso;

– il posizionamento degli operatori è contenuto;

– le valutazioni non sono tirate.

Al contempo però non può essere trascurato che la crisi non è solo frutto di aspetti ciclici, ma anche e soprattutto di limiti strutturali, sia economici che politici. Il contesto di partenza estremamente delicato alza quindi fortemente il profilo di rischio e sposta l’approccio verso questi mercati almeno in parte nel territorio della scommessa, aspetto che deve essere tenuto in adeguata considerazione nel definire i pesi di allocazione nei portafogli. Sostanzialmente opposta la situazione sul fronte statunitense:

– da un lato le aspettative sull’economia, i livelli di sentiment, il posizionamento degli operatori e le valutazioni sembrano precludere significative sorprese al rialzo;

– dall’altro risulta evidente che il buono stato dell’economia e la maggiore autorevolezza degli organi di governo attenuano in misura significativa il profilo di rischio.

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