Più Pos e meno contanti – Fabiana Giacomotti

 La Svezia, dove già quasi nessuno esce con il portafoglio, sarà totalmente cashless, cioè non userà più contanti, entro il 2023. Già da qualche tempo, tuttavia, la Banca centrale di Stoccolma sta valutando il lancio della “e-corona”, prima valuta elettronica nazionale, favorendone l’accettazione con semplici mezzi persuasivi quali la progressiva scomparsa dei bancomat, il dimezzamento degli sportelli bancari che consegnano contanti e il pagamento di stipendi e pensioni della Pubblica amministrazione unicamente in modalità elettronica.

IL TERZO PAESE PIÙ VIRTUOSO AL MONDO. La Svezia non ha un tasso di corruzione o di evasione particolarmente elevato, anzi: è il terzo Paese più virtuoso al mondo dopo la Danimarca e la Finlandia, eppure ritiene giustamente che meno contanti in giro si lasciano, più si velocizzano le operazioni di acquisto, si facilita la vita di tutti e, naturalmente, si combatte la tentazione di rafforzare il giro della black economy. Tutto tracciabile, tutto recuperabile, tutto eventualmente sanzionabile.

LE PERICOLOSE AFFERMAZIONI DI SALVINI. Nei giorni in cui il ministro dell’interno Matteo Salvini dice che, dopotutto, a lui un po’ di contante in giro non dà questo gran fastidio, rischiando di vanificare tutte le iniziative a favore della trasparenza e le lotte all’evasione scritte in questo benedetto contratto con gli italiani, che, al contrario della Svezia, nella classifica dell’onestà mondiale si piazzano solo al 67esimo posto, rientro da Pitti uomo senza il becco di un quattrino. Ho usato tutti gli ultimi spicci per acquistare quattro cartoline di particolari degli affreschi di Santa Maria Novella che mi servono per uno studio, un francobollo per festeggiare almeno con un bigliettino l’amica e collega Eva Desiderio del Quotidiano Nazionale, «massima autorità del settore» a cui il Centro di Firenze per la moda Italiana ha tributato il premio alla carriera «per il talento, la curiosità e la passione» con cui ha «saputo raccontare e interpretare i valori della moda», un dolcetto da Gilli e una bottiglietta d’acqua.

Abituata a Roma dove tutti, ma letteralmente tutti, i tassisti consentono il pagamento della corsa con bancomat o carta di credito, rotolo con il mio trolley e la sacca del computer fino al parcheggio taxi della stazione Centrale di Milano, salgo su un taxi della cooperativa più importante e diffusa, il “taxiblu 4040” e rispondo a una chiamata sul cellulare. Arrivata a casa, consegno con un sorriso la carta bancomat, che viene respinta. La «macchinetta non funziona», dice il conducente additando il cruscotto dove, suppongo, è celata la fedifraga.

LA SCUSA DEI COSTI DI TRANSAZIONE. Prontissima (i tassisti romani mi hanno insegnato come smascherare certi trucchetti), rispondo che, se funziona il radiotaxi, deve funzionare per forza anche il Pos, che a questo è collegato. Vorrebbe rovesciarmi le tasche e mi consiglia di andare al bancomat per un prelievo. Tengo il punto fino a quando, vinto, il tassista estrae finalmente il Pos, che miracolosamente ha ripreso a funzionare, inserisce rabbiosamente la carta, digita il costo (neanche contenutissimo) e mi getta praticamente addosso la ricevuta. Capita sempre meno spesso di vedersi rigettare la carta di credito o la carta di credito con le scuse più varie, benché perlopiù legate ai costi di transazione che gli esercenti italiani sono costretti a sostenere (di solito, sotto i 15 euro di spesa, nessuno accetta il bancomat), però è indubitabile che l’uscita di Salvini rischi di ridare fiato alle tesi degli oppositori dell’economia cashless e all’idea che il contante “costi” meno delle transazioni elettroniche.

LA GESTIONE E IL TRASPORTO DEL CONTANTE COSTANO 9,5 MLD. È vero il contrario: la spesa relativa alla gestione e al trasporto del contante, secondo dati da poco diffusi dal Sole 24 Ore su stime diramate dall’Osservatorio mobile payment & commerce del Politecnico di Milano, impatta sul sistema Italia per 9,5 miliardi di euro all’anno. Una manovrina. Ma se su questo costo non si vedono margini di miglioramento immediato, il problema resta il mancato reddito fiscale derivato dall’utilizzo del cash, che invece assomiglia proprio a una manovra: 24 miliardi all’anno.

IL 34% DEI PAGAMENTI NON VIENE DICHIARATO. Un fiume di denaro che sfugge al Fisco perché, sempre secondo l’Osservatorio, almeno il 34% delle transazioni in contante non viene dichiarata, sfuggendo al fisco e generando un fiume di denaro “in nero” che alimenta l’economia malata nazionale, rendendoci tutti più poveri. Tutto questo per dire, gentile signora dell’amministrazione “taxiblu” che mi ha suggerito di inoltrare una segnalazione al “settore disciplinare”, che denunciare un poveretto non è il mio genere, ma che una maggiore sensibilizzazione dei loro aderenti eviterebbe non solo a loro, ma a tutta l’Italia, 24esima su 28 Paesi europei nella classifica delle transazioni con carte di credito, di dare un ulteriore disservizio agli stranieri in visita.

Lettera 43

 

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