Il 2011 è stato piuttosto movimentato: tensioni sociali e rivolte in diversi paesi del Medio Oriente, terremoto ed emergenza nucleare in Giappone, alluvioni in Thailandia, rivolte sociali nel Regno Unito e la crisi del debito in Europa. Proprio questa crisi ha occupato la scena nell’ultimo trimestre, portando una grande volatilità sui mercati azionari e una forte debolezza su quelli obbligazionari, facendo per converso salire i prezzi dei titoli degli stati core. Pertanto le dure manovre di rientro dei paesi euro porteranno, nel 2012, ad una contrazione della crescita economica, con una recessione che speriamo sia breve per alcuni paesi, mentre sarà forte per altri, tra cui l’Italia. Anche gli Usa cresceranno poco, 1,5% circa, mentre resteranno positivi i paesi emergenti ed emersi, con la Cina che continuerà a crescere di circa l’8%, ciò manterrà positiva la crescita globale . L’asse economico del mondo è ruotato dal vecchio Occidente ai nuovi paesi ed il nuovo anno non farà che confermarlo. Per quanto riguarda la zona euro, la crisi del debito continuerà e avrà delle intensificazioni, con la possibilità che la Grecia ed altri paesi siano costretti a lasciare la moneta unica, con conseguente svalutazione e probabile crisi bancaria, a meno che la Bce non cambi politica, stampando moneta e garantendo il debito dei paesi in crisi. Ciò potrà accadere, ma non prima che la crisi diventi più acuta e ciò accadrà quando si vedrà che le sole politiche di rigore sono inutili, se non accompagnate da una seria unità economica e fiscale. Purtroppo il tempo gioca a sfavore: mentre la politica cerca di comperare tempo, i mercati hanno fretta e i popoli hanno fame. Stiamo camminando su un sentiero stretto, sospeso sull’abisso. L’incertezza e la paura stanno rendendo sempre più costosi i titoli dei paesi forti, in particolare Usa, Germania e Inghilterra e meno costosi quelli dei paesi deboli, così i rendimenti dei primi sono negativi e quelli dei secondi insostenibili. Inoltre è difficile giustificare i rendimenti americani ed inglesi, paesi alle prese con un alto debito e con seri problemi economici e sociali. Viste le prospettive, i tassi resteranno bassi e per gli investitori sarà sempre più difficile trovare rendimenti buoni e sicuri. Torneranno di attualità i paesi emergenti e le obbligazioni societarie, non bancarie, i primi perché hanno una crescita superiore, un basso indebitamento e buone riserve valutarie, le seconde, soprattutto se globalizzate, perché generano utili e hanno controllato i costi e il debito. L’azionario ritornerà interessante, soprattutto per i dividendi alti e sostenibili, anche se la crescita dei corsi sarà lenta, in particolare per le società forti, che, vista l’alta selettività, lo diventeranno ancora di più, soprattutto quelle con team di gestione collaudati e modelli solidi. Ci sarà sempre meno spazio per gli errori e la cattiva gestione. Buone occasioni per quelle che vendono nei paesi emergenti, con prodotti di qualità superiore, forte capacità innovativa e riduzione dei costi. L’obbligazionario resterà un mercato compresso tra i bassi rendimenti dei titoli sicuri e i rischi dei paesi in crisi, pertanto sarebbe bene essere brevi e pronti a cogliere le occasioni del mercato, anche per rimediare ad eventuali errori. La domanda forte di un mondo che cresce, anche dal punto di vista demografico, potrebbe rendere di nuovo interessanti gli investimenti in materie prime. Un anno dunque non semplice, potrebbe essere l’occasione per investire su se stessi, sia come crescita culturale e di competenze, sia come soddisfazione personale, che non è fatta solo di beni materiali. La decrescita non significa necessariamente vivere peggio, se si è capaci di vivere in modo diverso.