Nel corso del 2013 i timori di possibili rischi di coda – relativi, per esempio, all’Eurozona – sono gradualmente diminuiti. Rimane tuttavia la preoccupazione per la forza reale di una ripresa economica globale ancora agli albori e, in particolare, per la sua resilienza alle misure straordinarie di politica monetaria in atto dall’inizio della crisi finanziaria.
Eclatante, in tal senso, è stata la reazione dei mercati a metà del 2013, quando la Federal Reserve ha annunciato la possibilità di avviare la riduzione dell’allentamento quantitativo. Sebbene non sia giunta inattesa, questa notizia è comunque riuscita a colpire con particolare veemenza i mercati emergenti, dove i dubbi sulla liquidità hanno esacerbato i diffusi timori per lo stato di salute generale di tali Paesi provocando un forte deflusso di fondi. A partire dal mese di aprile 2013 abbiamo progressivamente ridotto l’esposizione ai titoli azionari emergenti del portafoglio modello elaborato dal nostro Global Investment Committee, in quanto l’asset class stava perdendo attrattiva.
La posizione è stata ulteriormente ridotta nei mesi successivi, per poi aumentare leggermente a novembre a fronte delle nuove opportunità emerse. Nel 2013 abbiamo progressivamente ridimensionato anche l’allocazione al reddito fisso dei mercati emergenti, passata dall’11 percento di inizio anno al 6 percento di dicembre. Anche l’esposizione alle commodity è diminuita drasticamente (dal 6 al 2 percento) nel corso del 2013, in quanto il possibile rallentamento della crescita cinese ha rafforzato l’opinione che il “superciclo” delle materie prime possa essersi effettivamente esaurito.
Per contro, nel 2013 abbiamo costantemente aumentato la nostra allocazione ai mercati sviluppati, passati dal 26 al 36 percento. In linea con le nostre attese, la ripresa macroeconomica sempre più evidente nei mercati sviluppati ha contribuito a riportare le azioni sui giusti binari, nonostante alcuni periodi di incertezza. Il grafico seguente indica la variazione dell’allocazione relativa alle azioni dei mercati sviluppati ed emergenti nel corso dell’anno. Alle soglie del 2014 sembra delinearsi uno scenario alquanto diverso, nel quale i rischi di coda appaiono ridimensionati ma il clima generale rimane piuttosto incerto. Questa incertezza è un fenomeno prevedibile quando i mercati iniziano ad aspettarsi una sorta di “normalizzazione”, ma non sanno di preciso come sarà raggiunta.
Per il momento, il timing e la velocità del tapering della Fed si confermano la principale fonte di preoccupazione: implicitamente, i mercati ammettono che nessuno sa esattamente come reagirà l’economia globale al cambiamento di regime della politica monetaria. Nella situazione attuale, priva di chiari precedenti storici, per analizzare i prossimi eventi può essere utile integrare l’approccio basato sui fondamentali con opportuni riferimenti alla “teoria dei giochi“.
Possibili vie d’uscita
Il più celebre problema della teoria dei giochi è il cosiddetto „dilemma del prigioniero”. Nella situazione ipotizzata, entrambe le parti trarrebbero vantaggio dalla cooperazione ma ciascuna ha i propri motivi per seguire una strategia che determini effetti negativi a danno dell’altra, secondo il principio del “beggar your neighbour” (impoverisci il tuo vicino).
Il contesto attuale presenta alcuni elementi tipici di questo problema. La sostenuta espansione economica degli Stati Uniti consentirà all’economia globale di sfuggire alla “prigione” della crescita debole. Raggiungere questo obiettivo risponde all’interesse sia dei responsabili politici, sia dei mercati. Ma le risposte dei mercati alle iniziative dei policymaker (e la conseguente sequenza di contromosse) potrebbero comunque rivelarsi controproducenti.
Le intenzioni dei due attori di questo dramma, i responsabili delle politiche monetarie e i mercati, non sono completamente trasparenti, e nessuno dei due può prevedere con certezza quali conseguenze avranno le azioni dell’altro. In una simile situazione, dove più risultati sono possibili, è opportuno iniziare a pensare in termini di probabilità e, implicitamente, di diversificazione. Gli investimenti multi-asset offrono diverse opportunità per seguire questo approccio, aiutando quindi gli investitori a navigare sicuri nel contesto attuale. In primo luogo, il nostro processo di asset allocation è frutto di un attento ragionamento.
Secondo, abbiamo la possibilità di ricercare opportunità più ampie spaziando tra le diverse asset class e, terzo, possiamo adottare un approccio bottom-up per individuare il valore relativo all’interno delle singole classi di attivo. Applicando la nostra analisi in tutte queste tre aree, confidiamo di riuscire a generare buone performance indipendentemente dalle sorprese che il 2014 potrà riservare.