Mercati valutari: USA, Giappone, Regno Unito e Canada

 Stati Uniti

L’economia USA è cresciuta ad un ritmo annuo del 4,2% nel 2Q ed il flusso di dati macroeconomici è coerente con un’espansione annualizzata superiore al 3% anche nel 3Q. Protetta dall’espansione fiscale, la crescita USA dovrebbe raggiungere per il 2018 i livelli più elevati post-crisi finanziaria, intorno al 3%, ma dovrebbe ripiegare nel 2019, con il venir meno degli effetti positivi della politica fiscale e l’aumento di quelli negativi della restrizione della politica monetaria e del protezionismo commerciale. Con la crescita circa doppia rispetto al potenziale ed il tasso di disoccupazione ben inferiore al livello di equilibrio di lungo termine, l’inflazione è finalmente tornata al target del 2%, permettendo alla Fed di procedere con il graduale rialzo dei tassi al ritmo di 25 bp a trimestre (2 nel resto del 2018, 3 nel 2019). Il US$ è stato finora il principale beneficiario dell’ascesa del protezionismo USA, agendo come bene rifugio all’intensificarsi delle tensioni commerciali, supportato anche dai differenziali di crescita e politica monetaria, che sono univocamente a favore della divisa americana, e dal fatto che il carry è il più elevato tra le valute dei Paesi Sviluppati. Con gran parte del repricing della politica della Fed già avvenuto, l’aumento del premio per il rischio politico americano all’avvicinarsi delle elezioni di novembre ed il rischio di interferenze della Presidenza Trump nella politica valutaria limitano tuttavia il potenziale di apprezzamento e pertanto manteniamo una view neutrale sul US$.

Giappone

L’economia del Giappone dovrebbe crescere nel 2018 di circa l’1%, a dispetto di un’elevata volatilità del flusso dei dati macroeconomici legata alle condizioni climatiche molto sfavorevoli ed all’andamento del settore industriale. I rischi inoltre sono al ribasso, principalmente per l’esposizione alle economie dei Paesi Emergenti ed al commercio internazionale. Nonostante la crescita sia stabilmente superiore al potenziale, l’inflazione stenta ad accelerare, costringendo la Bank of Japan a posticipare continuamente il raggiungimento del suo target. La linea di politica monetaria è pertanto destinata a rimanere ultra-espansiva ancora per lungo tempo, anche se le variazioni introdotte nell’ultimo meeting (come la maggiore volatilità del rendimento del JGB decennale intorno allo 0%) lasciano pensare che l’intensità dello stimolo monetario si stia riducendo. Alle elezioni di settembre per la leadership del Partito di Governo (LDP), il Primo Ministro Abe è favorito per ottenere un terzo mandato, garantendo la continuità di politica economica. Manteniamo la view neutrale sullo yen per le sue caratteristiche di bene rifugio, alla luce dei rischi al ribasso per l’economia mondiale legati ai Paesi Emergenti ed alle tensioni commerciali tra USA e resto del mondo e del rischio che il previsto aumento dell’IVA nell’ottobre 2019 possa essere posticipato. Per queste considerazioni, lo JPY è relativamente stabile contro US$ nonostante i differenziali di crescita e policy sfavorevoli, mentre il trend è positivo contro Euro, dove i differenziali sono meno pronunciati.

Regno Unito

IIn Gran Bretagna la crescita economica rimane stabile, seppur a livelli nettamente inferiori a quelli prevalenti in passato e la BoE continua, seppur lentamente, ad aumentare i tassi. Il flusso di notizie sul fronte politico è invece peggiorato negli ultimi mesi in cui il Governo May ha cercato di definire il futuro percorso della Brexit. La proposta di May ha trovato l’opposizione di parte del Partito Conservatore, che la considera troppo “”soft”” e probabilmente sarà considerata inaccettabile dall’Ue per il trattamento commerciale privilegiato che la Gran Bretagna vorrebbe ottenere. La probabilità di scenari estremi sta salendo rapidamente, in particolare che l’accordo entro marzo 2019 per attivare il periodo di transizione fino alla fine del 2020 non sia raggiunto, con conseguente “hard Brexit”. Come conseguenza il rischio politico domestico sta prevalendo sui fondamentali macroeconomici e l’EURGBP si è riportato in area 0,90, dopo essere rimasto tra 0,87 e 0,89 per gran parte del primo semestre, mentre contro US$ (dove i differenziali di crescita e rendimento sono a sfavore della Gran Bretagna) è ai minimi da settembre 2017. Con l’avvicinarsi del Consiglio Europeo di ottobre, il flusso di notizie è destinato a peggiorare, poiché il Governo May dovrà confrontarsi con un’Ue poco accondiscendente, in un clima di elevata turbolenza politica interna, che potrebbe sfociare anche in elezioni anticipate, mentre il differenziale di crescita può ruotare nuovamente a favore dell’Eurozona. Portiamo quindi la view sulla GBP da positiva a neutrale.

Canada

L’economia del Canada rimane solida ma è attesa rallentare a +2% nel 2018 rispetto a +3,1% del 2017. Anche se dopo il ritmo annuo del 2,9% del 2Q la crescita attesa rallentare nel secondo semestre, il mercato del lavoro è in buona salute mentre gli indici di fiducia non mostrano ripercussioni negative significative dall’incertezza sui rapporti commerciali con gli USA. La Bank of Canada è attesa aumentare i tassi in ottobre, ma di recente la sua retorica è sembrata più accomodante riflettendo i rischi al ribasso per l’economia, legati ai dazi USA sulle esportazioni di acciaio e alluminio ed alle prospettive meno favorevoli per il mercato immobiliare, conseguenza delle politiche più restrittive di erogazione del credito. Il flusso positivo di dati macroeconomici ed il repricing al rialzo del percorso futuro dei tassi della BOC hanno sostenuto il CAD negli ultimi mesi, a dispetto della generale forza del US$ e delle tensioni commerciali con gli USA e ora che l’accordo tra Stati Uniti e Canada, che include il Messico (che si chiamerà accordo USA-Messico-Canada o USMCA e non più NAFTA) è stato raggiunto, è possibile vedere un rapido ribasso del cambio USDCAD. Manteniamo quindi la view positiva sulla valuta canadese, soprattutto rispetto all’Euro, poiché la situazione macroeconomica è analoga a quella degli USA, con i differenziali di crescita e politica monetaria chiaramente favorevoli, cui si aggiunge l’esposizione al prezzo del petrolio, atteso relativamente stabile ma a livelli elevati.

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