Mercati valutari: Australia, Nuova Zelanda, Svizzera, Norvegia e Svezia

 Australia

Dopo il doppio shock della fine del ciclo d’investimenti  minerari  e del crollo dei prezzi delle commodities,  la ripresa economica  è stata guidata in gran parte dalla spesa per consumi sostenuta dalla politica monetaria  espansiva e dall’aumento  dell’occupazione.  La produzione  industriale in ripresa, la normalizzazione della produzione  mineraria  e la tenuta  dell’economia  cinese  dovrebbero  migliorare  le prospettive  di crescita  e dell’inflazione  (ancora  a livelli  contenuti).  L’ economia è attesa crescere al 2,8% nel 2018 contro il 2,3% del 2017. Il migliore contesto economico potrebbe spingere la Reserve Bank of Australia ad alzare i tassi entro la fine dell’anno, tuttavia, la recente instabilità politica, che potrebbe sfociare in elezioni anticipate, e l’elevato indebitamento  privato può ritardare la svolta restrittiva  della politica  monetaria.  La recente debolezza  dell’US$  e l’andamento  migliore  del previsto  dell’economia  hanno supportato  il recupero dell’AUD a partire dalla seconda metà del 2017, nonostante il differenziale  di rendimento tra Australia e USA sia ora ampiamente a sfavore dell’AUD. La nostra view sull’AUD rimane quindi negativa, poiché il mercato già prezza un cambio di policy della RBA in senso hawkish, il carry non ha più appeal rispetto al US$ evi sono rischi al ribasso in caso di rallentamento dell’economia cinese più rapido del previsto

Nuova Zelanda

Nonostante il rallentamento  della crescita economica in Nuova Zelanda dal 4,2% nel 2016 al 2,6% nel 2017, l’outlook macroeconomico  rimane favorevole e nel 2018 l’economia  sarà ancora  sostenuta  dalle  condizioni  finanziarie  accomodanti,  dall’export,  dal turismo  e dal potenziale  nuovo  stimolo  fiscale.  Il recente rilassamento  di alcune  restrizioni  per il settore  immobiliare  dovrebbe  prevenire  un suo drastico  ridimensionamento. L’introduzione  di nuove  restrizioni  sta invece già frenando l’immigrazione.  L’inflazione  è tornata all’interno  del target della Reserve Bank of New Zealand; ora che l’eccesso di capacità produttiva  è stato riassorbito, le pressioni inflazionistiche  sono attese intensificarsi  con la riduzione dell’immigrazione,  l’espansione fiscale e l’aumento del salari minimo. La RBNZ non sembra  tuttavia  avere fretta di alzare i tassi; il nuovo  Governatore  Adrian  Orr dovrebbe  garantire  la continuità  di policy,  ma le interferenze  dal Governo  saranno  probabilmente  più intense.  La combinazione  di rallentamento  della  crescita  e dell’immigrazione   ed i rischi  di variazioni  impreviste  della politica economica hanno indebolito il NZD nel corso del 2017, ma manteniamo  la view neutrale e la preferenza relativa rispetto all’AUD in considerazione  delle valutazioni  più attraenti dopo il recente sell-off e dell’outlook  eccessivamente  dovish di politica monetaria  della RBNZ e del mercato rispetto ai fondamentali, che crea il rischio di sorprese hawkish.

Svizzera

L’attività economica  in Svizzera continua a crescere ma ad un ritmo inferiore non solo alle altre economie piccole e aperte del continente,  ma anche rispetto all’Eurozona.  La deflazione sembra essere terminata, ma l’inflazione rimane ben lontana dal target del 2% della Banca Centrale (SNB). Nonostante non sia ben chiaro cosa abbia scatenato il brusco movimento di EUR/CHF da 1,10 a 1,14 a fine luglio, il movimento sembra inserirsi in un trend partito in aprile e legato al venir meno del premio  per il rischio politico  europeo  dopo le elezioni  francesi,  che ha minato  il ruolo del franco  come bene rifugio.  Con l’inflazione  molto lontana  dal suo target, la SNB difficilmente  cambierà  la linea di politica monetaria,  certamente  non prima della BCE, e non si opporrà  all’indebolimento  del franco,  almeno  fino all’area  1,20 di EUR/CHF.   Non riteniamo  quindi  attraente  il CHF  rispetto  ad altre valute  del G10, con il potenziale  di recupero  legato principalmente  all’eventuale ritorno del premio per il rischio politico sull’Euro per l’incertezza sulle elezioni in Italia .

Norvegia

L’economia  norvegese  sta recuperando  vigore, crescendo  nel 2017 dell’1,9% rispetto all’1,1% del 2016, grazie al buon andamento  della domanda  domestica, supportata  dalla ripresa degli investimenti  petroliferi e della domanda  estera.  La Norges Bank sta sorprendendo  i mercati con una retorica più “hawkish”  del previsto. Anche se i tassi rimangono invariati, la Norges Bank prevede ora di iniziare il rialzo dei tassi dopo l’autunno 2018, circa 6 mesi prima delle indicazioni prima  del  meeting  di  dicembre,   riconoscendo   il  miglioramento   dell’attività   economica   e  del  mercato  del  lavoro  e  trascurando   la  recente  debolezza dell’inflazione.  Inoltre  ha rivisto  al ribasso  il target di inflazione  dal 2,5% al 2%. Questo  implica  che c’è una chiara  possibilità  che la Norges  Bank  non solo aumenti i tassi prima della BCE, mentre fino a settembre  l’aspettativa  era opposta, ma possa precedere anche la Svezia. La NOK è stata una delle valute più deboli  dei Paesi  Sviluppati,  riflettendo  la Norges  Bank  percepita  come  ultra-dovish  e i crescenti  timori  di rallentamento  del mercato  immobiliare.  Queste considerazioni  hanno  creato una sottovalutazione  della valuta rispetto  ai suoi due driver fondamentali,  il prezzo del petrolio  ed il differenziale  di tasso con l’Eurozona. Tutti questi elementi supportano  la view positiva sulla NOK, tanto più che la Norges Bank ha citato  l’eccessiva  debolezza del cambio tra le ragioni del cambio di linea di policy segnalando l’abbandono della sua preferenza per una valuta debole (a differenza della Banca Centrale svedese).

Svezia

Le prospettive per l’economia per il 2018 sono buone e in linea con la performance  del 2017, con una crescita del PIL tra il 2,5% ed il 3%. L’attività economica rimane  forte trainata  dall’export  e, sebbene  il calo dei prezzi immobiliari  crei rischi al ribasso per lo scenario,  gli effetti sull’economia  dovrebbero  essere in parte  compensati  dalla  solida  domanda  estera.  Le elezioni  di settembre  non  dovrebbero  essere  un  evento  particolarmente  destabilizzante.   A febbraio  la Riksbank  ha deciso di mantenere  invariati  i tassi a -0,5%, prevedendo  di iniziare ad aumentarli  a metà 2018. L’atteggiamento  rimane tuttavia molto cauto (a causa dell’inflazione bassa) ed attento a non alimentare una rivalutazione eccessiva del cambio. La debolezza della SEK vista nel 2017 è stata guidata dalla combinazione  di politica  monetaria  ultra-accomodante, crescita estera più forte che ha  indebolito  le valute a basso rendimento  come la SEK, e tensioni  sui prezzi  immobiliari,  cosicché la divisa rimane sottovalutata  rispetto al differenziale  di rendimento con l’Euro. Ciononostante   rivediamo la view a negativa sulla SEK sia perchè un eventuale  rallentamento  dell’economia  mondiale peserebbe  sulla divisa, che è molto legata al ciclo globale, sia perchè la Riksbank sembra propensa a posticipare il cambio della linea di politica monetaria, al contrario dell’orientamento  di Eurozona e Norvegia.

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