Sospinto dalla ola di imprenditori e banchieri, nelle sale riservate di Cernobbio, Renzi ha dichiarato che in Italia vanno licenziati la metà dei bancari, almeno 150 mila. Subito è intervenuta la Marcegaglia ad applaudire, si tratta di una imprenditrice così focalizzata sulla sua azienda da aver trovato il tempo di farsi nominare presidente dell’Eni da Renzi medesimo, anche se è leggermente meglio lei della presidente di Poste Italiane, Luisa Todini, la cui impresa è stata salvata dalla Salini-Impregilo. Se gli imprenditori italiani fossero della stoffa eccellente, di cui credono di essere fatti, le banche avrebbero meno sofferenze e meno problemi. L’affermazione, su consiglio del portavoce Sensi, è stata cambiata in un più popolare, cacceremo i banchieri incapaci e taglieremo i loro compensi, cito a braccio. Il giornalismo di regime ha ripreso e il Minculpop ha trionfato, complici i grillini romani e i loro pasticci, che hanno consentito di fare la prima pagina. Proviamo a cercare di capirci qualcosa. Le banche italiane non vanno bene perché hanno troppi sportelli, mentre la tecnologia li sta rendendo marginali, hanno troppi dipendenti dequalificati, non adatti a concedere credito e gestire patrimoni, nonché a fornire consulenze. Tutto vero, ma vanno male soprattutto perché guadagnano poco, perché hanno modelli industriali vecchi, perché la facile rendita dei Btp è quasi scomparsa e perché gli imprenditori italiani hanno fatto un eccessivo ricorso al credito bancario e hanno creato una montagna di insolvenze, in particolare nell’edilizia, ma non solo. Chi ha concesso il credito facile? I funzionari e i dirigenti bancari poco internazionalizzati e molto collusi con la politica e con gli azionisti, pubblici (Fondazioni) e con gli stessi imprenditori, contemporaneamente azionisti, consiglieri e debitori. Perché si comincia dal licenziamento dei dipendenti? Perché una classe dirigente ed imprenditoriale incapace di innovazione e qualificazione, non sapendo come rendere profittevoli le banche, non ha che la facile strada del licenziamento del personale. Renzi dice che pagheranno i banchieri. E’ una balla, anche perché il perverso intreccio tra banche, politici e imprenditori è inestricabile, basta pensare a Sorgenia, azienda di De Benedetti, con due miliardi di debiti, le banche l’hanno salvata accollandosene la proprietà, Mps aveva prestato 600 mln, ma l’Ingegnere controlla Repubblica, l’house organ della sinistra e la vicenda è finita in cavalleria, cioè sulle spalle di azionisti e obbligazionisti delle banche. Ce lo vedete Renzi che chiama a pagare i conti, Carlo De Benedetti, Montezemolo, il padre della Boschi, il Pd toscano artefice della dissoluzione di MPS? Non vogliamo in galera nessuno, ci basterebbe conoscere i nomi degli insolventi privati, imprese e cooperative, perché anche queste ultime hanno lasciato all’asciutto, in numerosi casi, i soci prestatori e le banche. La Coop sarai pure tu, ma spesso non può darti di più. Del resto l’intreccio tra Pd e banche è sempre stato forte, come non ricordare la corsa alle primarie di banchieri come Mussari e Profumo, lo schieramento netto a sinistra del patron di Intesa e UBI Bazoli, di Guzzetti Cariplo, di Palenzona e Calandra Unicredit e della Fondazione S Paolo di Torino, presieduta financo da Chiamparino? Di suo Renzi aggiunge frequentazioni importanti coi finanzieri Miceli e Serra, con la JP Morgan, dell’amico Tony Blair, advisor di Mps, con Bini Smaghi, banchiere di lungo corso e altro ancora, per cui è facile prevedere che a perdere saranno i dipendenti bancari, è la via più semplice e in fondo la meno rischiosa, visto che non finanziano campagne elettorali, non controllano giornali, insomma non contano nulla, in più sono pure sindacalizzati.