Le principali conseguenze della Brexit

brexit-3 Quali sarebbero le probabili ripercussioni a livello finanziario e di mercati nei prossimi due anni e oltre se il Regno Unito dovesse abbandonare davvero l’Unione europea? Ecco il parere di Mark Burgess, responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments

1) Sterlina. I mercati valutari hanno iniziato a scontare l’eventualità di una Brexit prima delle elezioni. La sterlina, che ha già ceduto il 5-6% prima del voto, può ancora perdere fino al 12%, il tutto accompagnato da un aumento della volatilità. La debolezza della divisa non è una notizia totalmente negativa per il Regno Unito, perchè ci sono numerosi risvolti positivi di cui tener conto. Per esempio il disavanzo delle partite correnti britannico potrebbe trarne beneficio. Una conseguenza che potrebbe rivelarsi cruciale se gli investimenti diretti esteri  dovessero vacillare, rendendo ingestibile l’attuale deficit. Tuttavia, per coprire integralmente il disavanzo sarebbe necessaria una flessione molto marcata della valuta e difficilmente la sterlina rimarrà così fiacca nel lungo termine. Si tratterebbe pertanto di un sostegno solo temporaneo piuttosto che di una soluzione di lungo periodo.

2) Listino di Londra. Anche i mercati azionari potrebbero beneficiare dell’indebolimento della sterlina. Le società incluse nel FTSE 100 generano circa il 70% dei propri utili all’estero e il deprezzamento della valuta si tradurrebbe in un loro aumento, con effetti positivi sulle azioni. In seguito a pesanti correzioni potrebbero presentarsi opportunità nei titoli domestici britannici di cui si potrebbe approfittare subito, in particolare per quanto concerne le azioni che facevano parte dei vari “panieri Brexit”, creati dalle banche d’investimento nel tentativo di sfruttare i timori legati all’uscita del paese dall’Unione europea. Inoltre l’esposizione agli utili realizzati all’estero è positiva per gli investimenti, poiché questi ultimi beneficiano della debolezza della sterlina.

3) Tassi. A seconda di quanto si indebolirà la valuta, esistono una serie di decisioni possibili per la Bank of England, non ultima quella relativa ai tassi di interesse. Senza alcun dubbio la BoE rinvierà la prospettiva di un aumento dei tassi e potrebbe persino decidere di ridurli. Questo allentamento della politica monetaria sarà probabilmente imitato dalla UE, che dovrà affrontare condizioni di mercato incerte e alla perdita di uno dei maggiori centri finanziari mondiali, la City di Londra. Un’ulteriore espansione accentua le divergenze di politica monetaria costringendo la Fed a una pausa di riflessione: ha senso proseguire sul solitario percorso di rialzo dei tassi se la crescita globale è inibita?

4) Titoli di stato. Un aumento della volatilità e, più in generale, una perdita di fiducia nei mercati creerebbero non poche difficoltà agli investitori. In primo luogo i Gilt potrebbero perdere il loro status di bene rifugio, per via della possibilità che le imprese trasferiscano le proprie sedi centrali altrove o del timore che la Boe riesca con difficoltà a mantenere il controllo della politica monetaria. Tuttavia, i detentori di Gilt sono in maggioranza fondi pensione nazionali e banche centrali, ed è improbabile che questi soggetti si dimostrino investitori volubili, pronti a lasciare i mercati britannici a causa della decisione sulla Brexit. È plausibile quindi che l’uscita dalla Ue si ripercuota più sulla valuta e su specifici titoli anziché sui Gilt, con un impatto potenzialmente limitato.

5) Settori. Nell’ambito dei mercati azionari diversi settori saranno interessati in misura differente. Come è prevedibile, l’impatto maggiore sarà percepito dalle banche, mentre la grande distribuzione, gli altri servizi finanziari, gli assicuratori e gli operatori immobiliari saranno meno influenzati dall’evento. Per contro, le utility e le grandi società internazionali non dovrebbero subire conseguenze di rilievo, ipotizzando naturalmente che la Brexit non sia immediatamente seguita dalla Scoxit.

6) Società finanziarie. I servizi finanziari forniscono al Regno Unito un vantaggio competitivo cruciale. Alcune società finanziarie hanno già iniziato a trasferirsi a Francoforte e a Dublino per evitare un sovraccarico burocratico, in quanto la presenza a Londra era vista in ogni caso come un varco d’accesso all’Europa. Le grandi investment bank non sono le uniche a rischio di fuga. Si comincia a vociferare infatti che alcuni wealth/asset manager e assicuratori stiano valutando le trafile giuridiche e regolamentari a cui dovrebbero sottoporsi per continuare a operare in Europa se non restassero nella City.

7) Mercato immobiliare. Il mercato immobiliare sarebbe ovviamente minacciato dalla perdita di acquirenti esteri e dall’impatto proveniente dai rendimenti obbligazionari. Tuttavia, la debolezza della sterlina potrebbe compensare questi effetti negativi e attrarre maggiore interesse. Se il governo britannico decidesse di modificare le norme relative agli acquisti di immobili da parte di residenti esteri si potrebbe assistere a una diminuzione degli investimenti, anche se la natura rischiosa del mercato immobiliare impedirebbe una rapida fuga da parte di chi ha già investito.

 

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