Banche zitelle da accasare

image_400x400 Preso atto che dobbiamo sfangarcela da soli, i problemi delle nostre banche commerciali, non le private, sono sostanzialmente due: l’avere troppe sofferenze, cioè crediti inesigibili e troppi titoli di Stato, la liquidità fino a che c’è il QE della Bce, non è un problema. I rimedi: bad bank, di difficile strutturazione, senza aiuti statali, ripresa economica consistente, non alle viste, tranquillità sui mercati finanziari, per cui lo spread resta basso e gli interessi scendono, mentre continua a crescere la spesa. Ci sarebbe il rimedio di fare aumenti di capitale, ma ormai le banche li hanno bruciati tutti, alcune anche tre nel giro di pochi anni. Restano le fusioni, che avrebbero senso se fossero operazioni industriali e non operazioni di potere, sembra stia per andare in porto quella tra BPM e Banco Popolare, ma è un’ operazione fra zoppi, il Banco ha sofferenze molto elevate rispetto al patrimoni, speriamo che uno zoppichi a destra e l’altro a sinistra, altrimenti avremmo solo uno zoppo più grande. La seconda in cantiere dovrebbe essere Ubi con Mps, che purtroppo si muove ancora in carrozzella. Restano molte zitelle da accasare: Genova, Vicenza, Veneto Banca, più le quattro fallite con in testa l’Etruria, ma l’elenco non è finito e gli spasimanti sono pochi. Sarebbe il segno che siamo un Paese di …se il Santander comprasse Mps per pochi spiccioli, tipo 2 mld, dopo avergli rifilato la “sola”( per dirla alla romana) Antonveneta per più di 10 mld di euro e dopo che le banche spagnole sono state ricapitalizzate con i nostri soldi. Operazioni utili, ma dolorose, perché le banche italiane, non internazionalizzate e non innovative, possono agire in un Paese che aldilà della propaganda, declina, quindi hanno solo la leva del taglio dei posti di lavoro. Allora, per non apparire gufi, urliamo: avanti le fusioni, con il loro pesante corteo di esuberi.

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