Le banche italiane sono spazzatura?

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La domanda sorge spontanea e la risposta è positiva, se si dà retta al giudizio di S&P, la più importante agenzia di rating mondiale.

Secondo i suoi analisti Unicredit, Intesa e Mediobanca sono BBB e fin qui ci si salva, Ubi e Credem sono BBB- e siamo ancora nell’investmen grade, poi è notte.

Bpm, Bper, Banco popolare, pop Vicenza, Veneto Banca, Mediocredito Centrale,Iccrea sono BB, il che vuol dire che i fondi non possono comprare le loro obbligazioni, che diventano appannaggio dei piccoli risparmiatori, spesso clienti della banca medesima, di cui sono magari anche sfortunati azionisti.

Non basta: Unipol Banca e Carige si beccano un bel BB-, il meno prelude ad ulteriori tagli del rating. Del resto anche i Cds, che rappresentano il giudizio del mercato non sono entusiasmanti: Mediobanca 233, Intesa 319, Unicredit 343, contro il 142 di Barclays ed il 124 di Goldman, ma anche il 118 di Eni ed il 244 di Enel.

Probabilmente, come dice la Banca d’Italia non bisogna prendere per oro colato i giudizi delle agenzie di rating, resta il fatto che questi istituti, quasi tutti concentrati sul mercato domestico, con l’eccezione di Unicredit e Intesa, risentono del fatto che il Paese ha perso negli ultimi sei anni, il 9% di Pil, che scontano un maggior costo della raccolta, difficoltà ad aumentare il capitale, basse commissioni e margini di interesse, ingenti perdite sui crediti, soprattutto immobiliari.

S&P non considera la crisi delle piccole banche, su cui vigila sempre più preoccupata B d’I: Cassa di Ferrara, Banca Marche, Pop Spoleto, solo per citarne alcune, crisi di non facile soluzione perché i grandi gruppi azionisti di minoranza come Intesa ed Mps, non vogliono o non possono farsi carico del problema, come avveniva in passato e lo Stato è un bancomat, con sempre minor capienza.

Per i risparmiatori questo allarme significa che le obbligazioni delle banche non sono più tutte uguali, che bisogna sceglierle con cura, perché in futuro anche loro potrebbero essere chiamati a pagare la ristrutturazioni del debito.

Per quanto riguarda le azioni, si può forse guadagnare ancora sulla volatilità, ma non è un lavoro per cassettisti. 

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