L’allarme rosso del Superindice: troppe divergenze, così si va all’indietro – Giuditta Marvelli

allarme-rosso-31325062 L’indicatore di Ibl che monitora la dinamica dei rapporti tra tutti i Paesi dell’Unione

La divergenza, se si parla di Unione Europea e di moneta unica, non è un’accezione positiva. Facile dirlo se l’imputata che non riesce a tenere il passo è l’Italia o uno degli altri Paesi della periferia monetaria. Ma, attenzione. La divergenza non è un bene nemmeno quando chi marcia per conto suo riesce ad essere migliore della media. Come accade alla solita Germania. «Per superare il dramma delle migrazioni e il problema dell’economia, che oggi rischia di rimanere in ombra pur essendo altrettanto importante, servono scelte più comuni – dice l’economista Nicola Rossi – Il fai-da-te dei singoli Stati che provano a cimentarsi in proprio con il dilemma flessibilità-austerità crea solo nuove divergenze. E quindi nuovi problemi».

Rossi, insieme a Paolo Belardinelli, cura il Superindice (Istituto Bruno Leoni-Osservatorio Minghetti) che riesce a misurare avvicinamenti e scostamenti dell’economia di un singolo Stato rispetto al sistema Europa. Un barometro nato per tastare il polso dei partecipanti più deboli della moneta unica, che con questa nuova rilevazione diventa più articolato e più inclusivo, perché ogni Paese adesso ha il suo. E quindi calcolando la media ponderata dei 19 Superindici dell’Unione monetaria si può avere «una misura immediata ed intuitiva dell’evoluzione dei processi di divergenza e convergenza presenti al suo interno», spiega Rossi.

Che costa sta accadendo? La foto di gruppo con Superindice restituisce un’immagine che desta più di una preoccupazione. Sia per quanto riguarda la situazione specifica dell’Italia sia, appunto, per quanto riguarda il quadro complessivo dell’euro che viaggia sempre con troppe velocità.

Nelle edizioni precedenti i numeri lasciavano aperta la porta di un miglioramento possibile del nostro Paese, anche alla luce degli effetti delle riforme messe in campo dal governo. Adesso la situazione dell’Italia «non consente eccessive speranze – dice l’analisi-. Al contrario suggerisce che il processo riformatore possa essere stato molto più lento». Quello che l’Italia riesce a fare, insomma, è insufficiente se viene paragonato a quanto è stato fatto in altri Paesi, spiega Rossi.

Se si alza lo sguardo e si osserva la situazione complessiva con il nuovo «Superindice dei Superindici» si scopre invece che dopo essersi ridotta molto negli anni precedenti alla crisi del 2008, la distanza tra le economie dell’euro è tornata a crescere fino a raggiungere negli ultimi tempi i livelli precedenti all’introduzione della moneta unica. «Ma la cosa più preoccupante spiega Rossi è che le differenze sono simili a quelle di fine anni Novanta, ma i fattori determinanti sono molto più critici. Perché mentre nella prima fase l’ordine sparso era dato sostanzialmente da Paesi piccoli (Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna), oggi le tendenze centrifughe vengono da Italia e Francia. Paesi economicamente «pesanti» e, nel nostro caso, titolari di un debito pubblico di dimensioni decisamente importanti.

Ma come viene costruito il Superindice? Nell’indicatore troviamo il tasso di crescita del Pil in termini reali, il tasso di disoccupazione e tre indicatori dello stato delle finanze pubbliche a cui fanno sempre riferimento le regole fiscali europee: il rapporto tra deficit e Prodotto interno lordo e il rapporto tra debito e Pil, oltre al rapporto tra la bilancia dei conti correnti e il Pil. Un paniere di numeri e un meccanismo non difficile da capire anche per i non addetti ai lavori quando si guardano i grafici: se l’Italia fosse la fotocopia della media dell’Unione o delfeuro il valore del Superindice sarebbe zero.

da:Ibl

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