Nel 2016 la politica monetaria restrittiva della Fed si sposterà dalla teoria alla pratica, i mercati emergenti si adatteranno a una Cina più lenta e i consumatori globali potrebbero finalmente avvertire gli effetti positivi del calo dei prezzi sul fronte energetico e delle commodity.
1) Migliora (un pò) la crescita dei mercati sviluppati. Secondo le più elementari nozioni di macroeconomia, la crescita è il frutto di una combinazione tra consumi, investimenti, spesa pubblica e commercio (esportazioni nette). Si riscontrano modesti venti favorevoli per ciascuno di tali fattori, a vari livelli e in diverse aree del mondo. Con il mondo inondato di petrolio, gas e altre risorse naturali, i prezzi più bassi ora sembrano più sostenibili. Pertanto i consumi dovrebbero riprendere nel 2016. Al di là del settore dell’energia, gli investimenti di capitale dovrebbero migliorare a fronte dell’attenuarsi della tendenza “debito a buon mercato/riacquisto azioni proprie”. Sebbene permangano condizioni avverse a livello fiscale, la spesa pubblica dovrebbe aumentare con la crescita del populismo e la scomparsa dell’austerity. Infine il commercio mondiale dovrebbe crescere con lo stabilizzarsi dei tassi di cambio. Nessuno di tali fattori avrà un balzo significativo, ma migliorerà ai margini. Ciò dovrebbe spronare la crescita globale negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone, seppur solo dello 0,5%-1,0% in termini di pil reale rispetto agli attuali livelli.
2) Banche centrali: parole più che fatti. Sebbene l’attuale “dot plot” preveda quattro rialzi dei tassi da 25 punti base nel 2016, gli esperti di Natixis ne prevedono solo tre poiché la Fed ha sempre sovrastimato sia crescita che inflazione. E’ probabile che la Banca centrale europea (Bce) continui a sostenere gli asset rischiosi mentre apporterà minime modifiche al programma di Quantitative Easing. Lo stesso vale per la Banca del Giappone (BOJ). La Banca di Inghilterra (BoE) rimarrà invece in un limbo, con l’inflazione che continuerà a essere deludente.
3) Le borse guadagnano terreno, anche se non molto. L’outlook di Natixis per il 2016 non si discosta molto da quello per il 2015. Un’economia globale leggermente più forte dovrebbe far aumentare gli utili aziendali ai margini. Tuttavia, la crescita dei salari (quindi dei costi salariali) manterrà i margini di profitto sotto controllo. I prezzi dell’energia potrebbero rimanere sotto una certa pressione, ma gli utili nel settore non avranno la stessa forza trascinante di quella del 2015. In generale gli utili aumenteranno del 5-7%, solo leggermente in rialzo rispetto al 2015. Non vi sono ragioni per una sostanziale espansione o contrazione dei multipli di prezzo, specialmente dove il tightening della Fed sarà solo graduale. Tuttavia, gli investitori dovrebbero aspettarsi di ottenere tale risultato decisamente “nella media” in uno scenario molto instabile. Sebbene le aspettative di rendimenti bassi rappresentino l’attuale consensus a Wall Street, è vero anche che anni consecutivi di rendimenti a una cifra costituiscono un’anomalia. E’ probabile che intervenga una correzione di mercato (-10% in termini di variazione tra valori massimi e minimi) o persino un mercato orso (-20%), eventualmente dando il via a un rally per un ritorno a livelli medi. Tra i colpevoli più probabili di un ampio sell-off azionario, ci possono essere il timore per il tightening della Fed, uno spillover di illiquidità dal mercato high yield o una crisi di rifugiati/Brexit in Europa.
4) Tassi monotoni, ma credito vivace. A causa della combinazione tra interventi poco significativi delle banche centrali, stagnazione secolare con modesta crescita e aumenti solo lievi dei premi per il rischio di inflazione, i tassi di interesse aumenteranno solo gradualmente. L’elemento dominante che terrà i tassi globali al loro posto sarà il proseguimento del programma Qe da parte sia della Bce che della BoJ. Nel mercato delle obbligazioni di alta qualità (Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, e Paesi core Ue), è probabile che piccole perdite in conto capitale (tassi lievemente più alti) riducano gli attuali rendimenti.
5) Ripresa dei mercati emergenti. I mercati emergenti, specialmente sul fronte azionario, restano sotto pressione in virtù di una tempesta quasi perfetta di fattori ben noti, tra cui il rallentamento cinese, il crollo dei prezzi delle commodity e il tightening della Fed. Con il dispiegarsi di tali fattori, gli indici azionari dei mercati emergenti hanno sottoperformato i corrispondenti mercati sviluppati non-Usa per 5 anni di fila (sulla base della valuta locale). A questo punto i prezzi di mercato già riflettono adeguatamente i rischi. Sebbene il relativo gap di valutazione tra titoli azionari degli emerging market e sviluppati non sia ampio, costituisce comunque una qualche forma di sostegno ai prezzi
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